Economia / Tirano e Alta valle
Sabato 19 Dicembre 2015
Federfuni invoca la calamità naturale
L’inverno non decolla: la richiesta dell’associazione per i comprensori sciistici colpiti dalla mancanza di neve. E dalle skiarea della Valle solo conferme: la situazione è seria. Le piste sono praticabili, ma preparate a costi altissimi.
Federfuni Italia, associazione rappresentativa degli impiantisti che gestiscono il trasporto a fune su concessione, ha chiesto al Governo, al Parlamento, e ai rappresentanti regionali, per la Lombardia, quindi, a Roberto Maroni, il riconoscimento dello stato di calamità naturale per i comprensori sciistici colpiti dalla mancanza di neve e da temperature troppo alte per poterla produrre artificialmente.
«Federfuni – recita la nota diramata ieri – ritiene che la situazione sia estremamente grave sia per gli impiantisti, alle prese con grosse difficoltà economico finanziarie, sia per tutto l’indotto, dalle attività alberghiere, a quelle commerciali, ai maestri di sci. Per non dire dei dipendenti del settore, stagionali e non, per i quali dovranno essere attivati i provvedimenti inerenti l’introduzione di ammortizzatori sociali a loro sostegno».
Chiaro come il sole, quindi, il “Federfuni pensiero”, associazione cui in provincia aderisce solo la Società Impianti Bormio, presieduta da Valentino Galli e amministrata da Valeriano Giacomelli, per quanto, anche tutti gli altri direttori o presidenti di ski-area che abbiamo potuto contattare, da Livigno a Madesimo, passando per Santa Caterina Valfurva, Valmalenco, Aprica, e Pescegallo, in Valgerola, aderenti alla storica Anef (Associazione nazionale esercenti gli impianti a fune), abbiano ammesso di essere in serie difficoltà, almeno fino a quando non si deciderà ad arrivare un po’ di neve naturale o, quantomeno, le temperature non si abbasseranno.
«I siti meteo rinviano addirittura a metà gennaio, per la tanto attesa nevicata – assicura Valentino Galli, presidente Sib Bormio e gerente la telecabina Cassana a Livigno – per cui non c’è da stare allegri. Senza dire delle correnti africane che portano aria calda in quota, per cui, alla fine, abbiamo -5/-6 in paese, a Livigno, ad esempio, e 0 o -1 in alto. Non sono temperature che ci permettono di fare neve. Quella prodotta è servita ad allestire un parco piste dignitoso, tanto a Livigno quanto a Bormio, ma, ovvio, con costi altissimi».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Marco Rocca, ad della Mottolino spa e di Sival Valdidentro, per quanto consigliere di Anef Lombardia. «In Anef non abbiamo ancora fatto questo tipo di valutazione sulla richiesta dello stato di calamità naturale, ma, posso, comunque, assicurare che la situazione è preoccupante - ammette - Al Mottolino siamo riusciti ad allestire un parco piste del tutto dignitoso, per la situazione in cui siamo, ma con sforzi immani. Si può dire che abbiamo lavorato 10 volte più del normale con pari aggravio di costi, energia e personale impiegato. Niente da fare, ancora, invece, per la skiarea di Valdidentro, lì, siamo al palo. Forse riusciamo ad aprire il campetto scuola e posizionare il tapis roulant per la prossima settimana, ma è tutto da vedere».
Situazione non brillante neppure a Santa Caterina Valfurva, dove si lavora a pieno regime «compatibilmente, però, con le temperature troppo alte – ammette Eugenio Alberti, presidente della società Sci -. Tuttavia, non drammatizzerei in questa fase prenatalizia, perché, è vero che non c’è neve naturale, ma le piste sono allestite al 60-70%. E, secondo me, questa richiesta di stato di calamità naturale sotto Natale non porta bene al comparto. Rischia di allontanare i turisti, invece, di richiamarli».
Di avviso opposto, sul fronte malenco, è Franco Vismara, ad della Fab, Funivia al Bernina, già vicepresidente nazionale Anef, oggi fuori da incarichi direttivi. «Mi meraviglio persino – dice – che Anef non abbia chiesto prima lo stato di calamità. Abbiamo già perso Sant’Ambrogio, e ora rischiamo di perdere anche il Natale... Ricordiamoci che ogni giornata sci persa non la recuperiamo più. Per il resto, noi, abbiamo quasi tutto aperto, però, senza neve, non è che la gente arriverà a frotte...».
Infine, un grido, si alza dalla Fupes di Pescegallo. «Prima di Federfuni ho già chiesto io a tutti i politici che conosco di dichiarare lo stato di calamità in tutto l’arco alpino, paesi d’oltre confine compresi – annuncia Marilisa Paltrinieri, presidente Fupes - . Son due settimane che batto il chiodo. Scherziamo? Qui ci sono famiglie di stagionali che invece di iniziare a lavorare il 15 novembre inizieranno due mesi dopo, se va bene. Noi apriamo la seggiovia dalle 11 alle 15 per far salire le persone a farsi un giro al laghetto, stanno su a prendersi il sole, oggi c’erano 8 gradi...».
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