Export negli Usa: le aziende della Valle attendono le decisioni di Trump

Le imprese del territorio si interrogano sugli effetti della politica estera ed economica del presidente eletto, perchè, nonostante quello statunitense non rappresenti il principale mercato per l’export valtellinese, qualche ripercussione rischia di esserci

Dazi americani? Il mondo economico ed imprenditoriale della provincia di Sondrio sospende il giudizio in attesa di vedere come e quanto le promesse elettorali di Donald Trump, fresco della rielezione alla Casa bianca, si tradurranno in misure concrete. La vittoria del tycoon porta infatti con sé più di un’incognita sul futuro dell’export made in Italy e dunque anche su quello valtellinese.

Se già durante il primo mandato da presidente Trump aveva messo in atto forme di protezionismo a favore dell’economia del Paese (impose dazi su circa il 15% dell’import Usa), con il nuovo insediamento il prossimo 20 gennaio questo secondo si preannuncia infatti ancora più radicale: durante la campagna elettorale Trump ha promesso una politica tariffaria più aggressiva con dazi universali del 60% su tutti i beni d’importazione cinese e oscillanti tra il 10 e il 20% sulle merci provenienti dal resto del mondo. Europa compresa. Senza dimenticare la minaccia di introdurre dazi del 100% sulle importazioni dai Paesi che stanno riducendo l’uso del dollaro e addirittura del 200% o più sui veicoli importati dal Messico. E se anche quello statunitense non rappresenta il principale mercato per l’export valtellinese, qualche ripercussione rischia di esserci.

«E’ chiaro che quella statunitense è un’economia di grande importanza e quindi direttamente o indirettamente una ricaduta ci sarà - dice Loretta Credaro, presidente della Camera di commercio di Sondrio per la quale però è prematuro fare valutazioni-. Bisognerà attendere per capire gli effetti una volta noti i provvedimenti protettivi. Anche per sapere quali e quanto degli annunci fatti dal presidente Trump in campagna elettorale si tradurranno in misure concrete. Anche Biden aveva varato un piano protezionistico da 400 miliardi di dollari per sostenere la transizione energetica. Quel che è certo è con la sua elezione c’è un elemento di discontinuità a livello internazionale che determinerà degli effetti su vari scenari, certamente l’economia ma anche la geopolitica che a sua volta produce effetti sui mercati. Vedremo. Ad oggi gli Usa non sono in cima all’elenco dei Paesi di destinazione diretta delle nostre esportazioni e anche nella composizione dei flussi turistici gli americani non sono tra le prime nazionalità. Ma è un mercato importante da cui è impossibile prescindere».

Cautela e attendismo nel valutare gli eventuali effetti delle promesse elettorali di Trump anche da parte del mondo dei vini per il quale il mercato a stelle e strisce rappresenta circa il 10% del totale. «I dazi non li hanno ancora messi, come si dice non fasciamoci la testa prima di romperla - dice Mamete Prevostini, presidente del Consorzio di tutela vini -. Nella precedente esperienza alla Casa bianca Trump aveva già innalzato i dazi, ma senza conseguenze troppo negative. Non resta che aspettare e capire cosa succederà esattamente. Possiamo immaginare che il vino costerà un po’ di più, speriamo solo non una cifra tale da mettere a repentaglio i volumi. Quel che è certo è che dazi e gabelle non fanno bene al mercato, ma staremo a vedere».

Chi non è particolarmente preoccupato è Claudio Palladi, presidente del Distretto agroalimentare di qualità della Valtellina e vicepresidente del Consorzio di tutela della bresaola, oltre che ad di Rigamonti, visto che proprio per la bresaola le frontiere statunitensi sono già chiuse perché il prodotto non è commercializzabile. La rielezione di Trump, spinge invece il mondo dell’agricoltura, a partire da Coldiretti a chiedere all’Unione Europea di rafforzare il suo bilancio agricolo visto l’enorme gap rispetto al Farm bill, il programma di aiuti per gli agricoltori americani che il neo presidente prevede di potenziare. La Pac vale 386 miliardi di euro in totale fino al 2027, di cui 35 miliardi di euro per l’Italia, ricorda la Coldiretti, mentre negli Usa il Farm bill vale 1.400 miliardi di dollari in dieci anni. Monica Bortolotti

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