Employer branding su «TikTok»: la Gen Z cerca lavoro in 15 secondi

Capitale umano Con 21,6 milioni di utenti in Italia, è un social dove le aziende devono mostrarsi per ciò che sono. L’influencer Rognoni: «I ragazzi non cercano spot patinati, ma solo autenticità»

Lecco

Le nuove generazioni non cercano solo un lavoro: cercano un’identità, un ambiente in cui riconoscersi, valori in cui credere. Non basta più un’offerta competitiva, serve trasparenza. Per Federico Rognoni, ceo e fondatore di Atomical, talent agency specializzata nella gestione di creator e strategie digitali, la parola d’ordine è «autenticità».

La Gen Z vuole vedere cosa si nasconde dietro un brand, chi sono le persone che lo animano, quali storie si intrecciano tra le scrivanie. «TikTok oggi è uno dei canali di comunicazione più influenti al mondo» afferma Rognoni, classe 2000, che ha iniziato la sua carriera a 17 anni come creator e poi imprenditore. Con 21,6 milioni di utenti mensilmente attivi in Italia, TikTok non è solo il regno dei trend virali e dei contenuti d’intrattenimento, ma anche un potente strumento per la talent acquisition. Il mercato del lavoro è in crisi di talenti, e le aziende che vogliono attrarre le nuove generazioni devono imparare a parlare il loro linguaggio.

Lo conferma Federico Rognoni: «TikTok oggi è uno degli strumenti di comunicazione più potenti – dice –. Gli utenti che lo utilizzano sono spesso gli stessi che cercano lavoro o vogliono capire meglio il mondo professionale. Per le aziende è un’opportunità enorme per raccontarsi in modo diretto, senza filtri e senza comunicati stampa istituzionali». Sulla piattaforma le aziende non possono nascondersi dietro comunicati istituzionali o campagne di employer branding patinate: devono mostrarsi per ciò che sono. «Le persone vogliono vedere cosa succede dietro le quinte di un’azienda, chi sono i dipendenti, come si lavora ogni giorno. Il mercato del lavoro non è più solo questione di stipendio e benefit, ma di identità e valori condivisi».

Negli ultimi anni, i brand più lungimiranti hanno capito il potenziale di TikTok, trasformandolo in un vero e proprio asset strategico per il recruiting e la talent attraction. Qui non si tratta di promuovere un prodotto, ma di raccontare un’esperienza. Secondo uno studio di Kantar sul ruolo che i social media giocano oggi, specie per le nuove generazioni, nella ricerca di un lavoro, le piattaforme digitali sono sul podio dei canali più popolari per la ricerca del lavoro (47%), dopo i siti specializzati (57%) e le agenzie di recruiting (52%). In particolare, TikTok influenza la percezione di 7 utenti su 10 nei confronti di una certa azienda, rendendola più o meno attrattiva e contribuendo o meno alla sua capacità di retention dei talenti. Su TikTok, tutto si gioca in pochi secondi. Diversi studi sul comportamento degli utenti confermano che l’attenzione della Gen Z si concentra nei primi 10-15 secondi: è in quel brevissimo lasso di tempo che si decide se un contenuto è interessante oppure no.

Per le aziende, significa dover condensare messaggi di employer branding autentici e coinvolgenti in spazi narrativi rapidissimi. Conferma le evidenze il whitepaper «L’employer branding su TikTok» realizzato da Mambo, content factory italiana, parte di OneDay Group. Dall’analisi di Mambo emerge che «la partita della talent acquisition e retention si gioca sempre più sul campo dell’employer branding, soprattutto nei settori tech e comunicazione, dove aumenta la richiesta di benefit intangibili da parte dei giovani talenti, che chiedono alle imprese di raccontarsi e promuovere online i loro princìpi e asset valoriali, rendendosi così attrattive non solo attraverso compensazione e prospettive di carriera».

Il 75% dei potenziali candidati effettua ricerche online sulla reputazione aziendale prima di candidarsi per una posizione e il 70% dei candidati scarta a priori potenziali datori di lavoro con una cattiva reputazione. Già nel 2021, TikTok aveva testato il suo potenziale come canale di recruiting con il progetto pilota #TikTokResume, in collaborazione con aziende come Chipotle, Target e Shopify. Gli utenti potevano candidarsi a offerte di lavoro con un video-curriculum creativo, mostrando non solo le proprie competenze, ma anche personalità e spirito di iniziativa. Anche in Italia, brand come Roadhouse e BillyTacos hanno sperimentato il recruiting su TikTok con ottimi risultati. Roadhouse, ad esempio, ha ricevuto 1.836 candidature con un CPC (costo per candidatura) di appena 0,18€, mentre BillyTacos ha raccolto 401 curriculum con un CPC di 0,31€. Numeri che dimostrano quanto TikTok possa essere un canale efficace (e conveniente) per la talent acquisition. «L’errore più grande per le aziende è inseguire la viralità a tutti i costi» avverte Rognoni. «Meglio puntare sull’autenticità». TikTok premia la spontaneità e i contenuti che mostrano il lato umano di un’azienda.

È così che un’azienda diventa attraente per le nuove generazioni, non con spot preconfezionati. «Video sulla quotidianità lavorativa, come “un giorno nella vita di un dipendente”, testimonianze dei collaboratori e spezzoni di brainstorming o team building rendono concreto il valore aziendale. Anche consigli di carriera e suggerimenti per il mercato del lavoro offrono un valore aggiunto, creando un legame autentico con i candidati», conclude Rognoni.

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