Confindustria e le sfide del settore agroalimentare: «I dazi? Le nostre aziende sono resilienti»

Sondrio

Un primo tour sperimentale in Savoia, cui ne seguiranno altri per conoscere e confrontarsi e poi l’esigenza di lavorare tutti insieme, armonizzando anche le differenze, per affrontare le sfide. Che in un mondo attraversato da conflitti e minacce sono tante.

Sono importanti gli obiettivi che si pone la categoria agroalimentare attiva all’interno di Confindustria Lecco-Sondrio. A ricordarli è il referente, Fabio Esposito. «Abbiamo un patrimonio importante di aziende agroalimentari – dice -, ma anche una composizione eterogenea: andiamo dalle grandi alle piccole, a volte anche micro, imprese che hanno esigenze diverse. Il principio che ci guida è che il grande deve aiutare il piccolo che fa più fatica a crescere anche perché non può avere al suo interno e non riesce ad accedere alle competenze necessarie. Ecco, come Confindustria vogliamo essere il perno di questo sistema e per questo stiamo pensando ad un servizio centralizzato che consentirà ai piccoli di avere strumenti di gestione che le aziende più grandi hanno con costi molto più che accessibili».

Un sistema inclusivo che faccia della condivisione un elemento vincente. Anche perché le sfide che il sistema economico e sociale nel suo complesso si trova a dover affrontare sono tante: ci sono i costi energetici, c’è la minaccia dei dazi - «che con le sue ricadute colpirà anche chi non va all’estero e che si troverà all’improvviso la concorrenza di chi dovrà ripiegare sul mercato nazionale o europeo» - e poi c’è il tema enorme della difficoltà nel reperire le risorse umane necessarie alle imprese.

«Un argomento pressante - ammette Esposito – tutti ci troviamo a dover affrontare la mancanza di personale e di competenze specifiche. E se quest’ultime mi preoccupano meno perché come imprenditori possiamo anche prenderci l’onere di formare le persone, la questione è trovare chi formare». Un problema che anche la Savoia, dove le “sirene” della Svizzera sono forti, vive.

Impossibile competere con la Confederazione elvetica sugli stipendi, l’unica leva secondo Esposito è quella dell’attrattività. «Lavoriamo sull’organizzazione per avere modelli che garantiscano maggiore flessibilità e favoriscano anche il part time delle donne – dice -. In alcuni settori il nodo è quello dei 7 giorni su 7. Bisogna pensarci. Alcuni esempi già ci sono. Il latte fresco si produce 6 giorni alla settimana costringendo dunque ad essere attivi anche il sabato, ebbene stanno aumentando i casi di latte con vita più lunga che consentono di ritarare l’organizzazione da 7 a 5 giorni. Credo che abbiamo l’occasione per cambiare la mentalità aziendale».Anche Marine Coquand delegata generale del Medef della Savoia parla dello stesso problema organizzativo emerso dopo il Covid e della necessità di adottare soluzioni differenti: dal part time allo smart working.

Quanto ai dazi Esposito ammette «dovremo capire cosa fare, ma sono ottimista perché nel tempo le nostre aziende si sono sempre mostrate molto resilienti alle grandi crisi».

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