Economia
Mercoledì 09 Giugno 2021
Bene gli alberghi del Ticino
con la frontiera chiusa
Pernottamenti a +88%
A determinare la crescita è stata la clientela svizzera. Presenza di stranieri sotto del 70% sul 2019
Le frontiere chiuse e l’incertezza a livello internazionale dettata dalla seconda ondata di contagi hanno portato in dote al Canton Ticino numeri da capogiro per i pernottamenti alberghieri nei mesi invernali, nella fascia compresa tra novembre ed aprile.
Se da un lato la Svizzera ha chiuso con un secco -3,4 milioni di pernottamenti rispetto all’analogo periodo tra 2019 e 2020 (il raffronto in termini percentuali si attesta ad un meno 26,4%), il Ticino ha recitato la parte del leone, chiudendo l’inverno e la prima parte della primavera (con il lungo fine settimana di Pasqua incorporato) con +88,4% alla voce pernottamenti. Un risultato che per certi versi - se rapportato alle debacle degli altri Cantoni - ha del clamoroso, tanto che ieri anche il sempre solerte Ufficio federale di Statistica ha commentato l’exploit ticinese, spiegando che «a generare la progressione in Ticino (+209,0%) nella stagione invernale 2020-2021 è stata la domanda indigena», in particolare legata agli ospiti svizzero tedeschi. Eppure anche in Ticino quelli a cavallo tra vecchio e nuovo anno non sono stati mesi facili, con bar e ristoranti chiusi - al pari degli altri Cantoni - e con la settimana dei Carnevali - su tutti il “Rabadàn” di Bellinzona, il terzo Carnevale per presenze a livello svizzero - posticipata al 2022.
Eppure le presenze alberghiere nel Cantone di confine sono lievitate, attestandosi a quota 688 mila. Un dato di assoluto rilievo soprattutto se paragonato a quello di due stagioni or sono, vale a dire l’ultimo inverno pre-Covid. Inverno che si era chiuso - parrebbe quasi difficile a credersi - con un 10% in meno di pernottamenti rispetto a quello appena trascorso. E questo la dice lunga su quanto la proposta ticinese sia stata vincente, con il Cantone che nonostante il picco di contagi a inizio anno ha tenuto duro supportando l’apertura degli impianti sciistici. Il resto, dalla terza decade di marzo in poi, lo ha fatto il meteo favorevole e l’impossibilità a varcare il confine su larga scala. Ma certo, questo risultato ottenuto dalle strutture alberghiere del Cantone di confine ha addirittura del clamoroso se paragonato a quanto accaduto da questa parte della frontiera, dove gli alberghi hanno dovuto rinunciare a riaprire sino a primavera inoltrata.
«In altre sei regioni turistiche si è osservata una crescita della domanda della clientela svizzera nella stagione turistica oggetto della rilevazione - scrive ancora l’Ufficio federale di Statistica -. Gli aumenti più consistenti sono quelli della Regione Lucerna - Lago dei Quattro Cantoni (+36,6%), della Regione Berna (+31,7%), del Vallese (+25,2%) e dei Grigioni (+21,7%). Queste regioni presentano inoltre un livello della domanda indigena superiore rispetto a quello della stagione invernale 2018/2019 (del Ticino abbiamo dato conto poc’anzi, ndr). Infine, la domanda estera si è fortemente contratta in tutte le regioni turistiche, spaziando tra il –80,2% della Regione Zurigo e il –46,9% del Ticino».
Quanto agli ospiti stranieri, vera incognita anche dell’estate ormai alle porte, l’Ufficio federale di Statistica ha constatato che «la loro presenza si è mantenuta fortemente negativa nel corso di tutta la stagione invernale, con una contrazione del 70,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il calo più netto, pari all’83%, è stato registrato in novembre».
© RIPRODUZIONE RISERVATA