Economia / Morbegno e bassa valle
Sabato 10 Ottobre 2015
Altro che accordo tra Consorzi: il “divorzio” è questione di giorni
Alla Mostra di Morbegno brilla per assenza il Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico. Sodalizio che nel novembre del 2014 aveva sottoscritto un patto di non belligeranza con il Consorzio di Tutela formaggi Valtellina Casera e Bitto, condiviso dalla Camera di commercio.
Doveva essere l’anno della condivisione, la Mostra della pace, dopo l’accordo siglato lo scorso anno dopo un ventennio di battaglie. E invece alla Mostra del Bitto brilla per assenza il Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico. Sodalizio che nel novembre del 2014 aveva sottoscritto un patto di non belligeranza con il Consorzio di Tutela formaggi Valtellina Casera e Bitto, condiviso dalla Camera di commercio.
Insieme alla vetrina di Expo, la mostra del Bitto avrebbe dovuto rappresentare la prova generale di quel matrimonio che aveva unito i due Consorzi. Ma dei produttori storici all’evento di ottobre a Morbegno non ce n’è manco l’ombra e il divorzio fra le parti, chiusi Mostra ed Expo, sembra imminente. Ieri nel corso della conferenza stampa di presentazione della Mostra del Bitto ha risposto alla domanda sull’assenza dei produttori storici, Vincenzo Cornaggia, presidente del Consorzio di Tutela formaggi Valtellina Casera e Bitto, che non ha usato filtri per mettere a nudo una crisi diventata ormai pubblica: «Il Consorzio è stato invitato, purtroppo non siamo arrivati a una soluzione comune è indubbio che i produttori storici hanno un prodotto di qualità che noi riconosciamo, ma il mondo non ruota attorno a una persona, bensì a un sistema. Siamo sempre stati aperti al confronto, ma il tempo delle richieste ad oltranza deve finire, così com’è finito il tempo della sopportazione del Consorzio e del suo presidente. L’agricoltura valtellinese non è solo Bitto storico».
Da noi interpellato sul caso Paolo Ciapparelli, portavoce del Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico, dice la sua. «I fatti parlano chiaro – afferma– e la spiegazione della nostra assenza è semplice: sulla partita della Mostra siamo stati coinvolti una sola volta in una pre riunione in Comunità montana alla quale sono seguite una paio di telefonate che annunciavano incontri sulla sua organizzazione. Peccato che da questa organizzazione siamo stati tagliati fuori in partenza. Ma non basta: i termini dell’accordo non sono stati rispettati, basti pensare all’impegno preso sul Centro del Bitto, costato 340mila euro, riconosciuto come patrimonio di tutti, ma sul quale nessuno ha investito nulla» . E aggiunge: «A novembre, a un anno dall’accordo, tireremo le somme con una posizione ufficiale, dopo questo passaggio della Mostra, che doveva essere uno dei punti cardini del patto che, ripeto, è stato disatteso». Nell’accordo siglato a Gerola Alta si era messa la parola fine alla diatriba partita con la contestazione dei produttori dell’area storica del Bitto (Valli del Bitto) nei confronti di una Dop che allargava la produzione a tutta la provincia.
Una contestazione che divenne più aspra con la modifica del disciplinare (con l’introduzione dei mangimi nell’alimentazione e dei fermenti selezionati, era il 2005), la temporanea uscita dei produttori storici dalla Dop (2006), le sanzioni comminate dal ministero nei loro confronti (2009). In questi anni a fianco dei produttori storici c’è sempre stato Slow Food, ma anche soggetti privati che hanno finanziato le iniziative dell’Associazione produttori Valli del Bitto (poi Consorzio Bitto storico dal 2010) e hanno costituito la Società Valli del Bitto. La stessa che ha realizzato il Centro del Bitto, allestendo una casera di stagionatura. Nell’accordo si definiscono importanza e specificità dei due Consorzi; l’importanza di presentarsi ad Expo e la valorizzazione del Centro del Bitto.
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