Cronaca
Venerdì 20 Ottobre 2017
TEMEVA DI PERDERE I FIGLI
SI UCCIDE CON I 4 BAMBINI
Dà fuoco alla casa: tutti morti
La madre era in ospedale
Le fiamme appiccate di proposito dal padre, Faycal Haitot, 49 anni, cittadino italiano di origine marocchina. L’uomo è poi morto intossicato
Sono tutti morti: il padre, 49 anni, trovato senza vita in casa (Faycal Haitot il suo nome), il figlio maggiore di 11 anni e le bambine di 7, 5 e 3 anni. Due bimbe sono morte dopo il ricovero al Sant’Anna, il ragazzino al Valduce. La quarta figlia, 5 anni, trasportata a Cantù era stata trasferita nel pomeriggio in ambulanza all’ospedale Buzzi di Milano. Aveva dato qualche segno di ripresa ma purtroppo non ce l’ha fatta: è spirata nel tardo pomeriggio di venerdì.
Ormai non ci sono più dubbi. L’uomo ha appiccato l’incendio volontariamente. E’ poi morto soffocato insieme ai suoi figli. All’interno dell’appartamento è stato ritrovato materiale accatastato, coperte, stracci, carta, che ha fatto subito supporre che le fiamme fossero state appiccate da qualcuno all’interno dell’abitazione.
La polizia: omicidio-suicidio
Gli investigatori della Questura con il passare delle ore, e lo svolgersi degli accertamenti, hanno trovato conferme alle prime impressioni dei vigili del fuoco intervenuti sul posto circa la possibilità di un incendio di natura dolosa, appiccato dallo stesso genitore disperato.
«Le ragioni del gesto - ha precisato la Polizia - sarebbero da ricondursi alla difficile situazione in cui è piombato il nucleo famigliare dopo l’allontanamento della madre, presa in carico dai Servizi Sociali del Comune di Como a causa delle precarie condizioni psichiche e inserita in una struttura di recupero». Proprio per questo motivo i bambini erano stati affidati, fin dal febbraio scorso, a Faycal Haitot.
I vigili del fuoco
«Quando siamo entrati nell’appartamento abbiamo trovato molto materiale bruciato subito dietro la porta e poi lungo tutto il corridoio fino in soggiorno». A spiegarlo è uno dei vigili del fuoco intervenuti . «Ho aiutato a buttare giù la porta prima che arrivassero i soccorritori - dice Reza, un vicino di casa - e ho subito visto tanti fogli di giornale bruciati un po’ dappertutto».
Il rogo è divampato questa mattina. A lanciare l’allarme sono stati i vicini che hanno visto il fumo uscire dall’abitazione: in pochissimi minuti cinque squadre dei vigili del fuoco, quattro ambulanze e tre volanti della polizia con i vigili urbani hanno raggiunto la palazzina.
«Erano tutti nel letto»
«Li abbiamo trovati tutti nella stessa stanza, distesi su un grande letto». A raccontarlo all’ANSA è uno dei soccorritori entrati fra i primi nell’appartamento. «Erano tutti su un letto matrimoniale che era stato allungato - ha aggiunto - avvicinando due materassi uno sopra l’altro a formare una unica grande zona per dormire. Nessuno presentava evidenti bruciature».
L’appartamento, in un palazzina residenziale in posizione panoramica, è gestito da una fondazione benefica, che lo mette a disposizione di famiglie bisognose.
La mamma dei bambini era stata ricoverata qualche tempo fa per problemi psichiatrici. L’uomo aveva chiesto aiuto ai Servizi sociali del Comune di Como dicendo che non era in grado di lavorare perché costretto ad accudire i figli rimasti senza la mamma.
Il sindaco e la mamma in ospedale
«Non era in condizioni di dire qualcosa ma solo di piangere»: così il sindaco di Como Mario Landriscina ha descritto la mamma dei quattro bambini morti, con il padre, nell’incendio di oggi. Landriscina ha visto la donna, assistita da psichiatri e psicologi dell’ospedale Sant’Anna, nella camera ardente dell’ospedale dove si trovano i corpi di due delle sue bambine.
«Questa è una storia di miseria da tutti i punti di vista che si conclude nel modo peggiore possibile»: il sindaco Mario Landriscina ha definito in questo modo l’incendio. I bambini erano seguiti dai servizi sociali e la famiglia era ospitata in un alloggio del Comune. «Si cercava di dare un sostegno ai loro bisogni» ha spiegato Landriscina che oggi ha incontrato la mamma. «Sicuramente faremo tutte le azioni possibili per sostenere una famiglia distrutta» ha aggiunto spiegando che il Comune è pronto a occuparsi delle esequie e sta pensando al lutto cittadino. «Ci faremo carico della donna che paga un conto altissimo - ha assicurato -. Certo non può tornare in quella casa».
L’assessore: «Non mandava i bambini a scuola»
Faycal Haitot «non stava mandando i bambini a scuola ed è per questo che si sono incrementate le segnalazioni e i colloqui a cui non si presentava» ha spiegato il vicesindaco Alessandra Locatelli. Il Comune pagava l’affitto dell’appartamento della fondazione Scalabrini dove abitavano, senza la mamma che si trovava ospitata in una comunità ed era seguita dal Cps, il centro psicosociale.
All’uomo, secondo quanto riferito, era stato offerta per i bambini la mensa gratuita, il doposcuola garantito e anche aiuto per trovare lavoro. «Stiamo ricostruendo gli ultimi mesi» ha detto Locatelli, che è assessore ai Servizi sociali. Della loro situazione si era interessato anche il Tribunale per i minorenni “e può darsi che lui abbia fiutato che a breve gli avrebbero tolto i bambini» ha aggiunto.
«A volte anche quando gli operatori danno il massimo succedono queste disgrazie. Speriamo - ha concluso - di essere in grado di supportare chi ha bisogno».
La testimonianza di un’amica
«So che la famiglia era in difficoltà economiche tanto che in alcune occasioni io stessa ho portato loro dei generi alimentari e 12 litri di latte: lui si mise quasi a piangere». Lo racconta una amica di famiglia, Agnes, una donna straniera che vive a Como, le cui figlie vanno all’asilo che frequentava anche la bimba di 5 anni, unica sopravvissuta. «Lui si dava da fare tantissimo - dice ancora Agnes che abita poco più avanti - cercava di lavorare in tutti i modi, da quando con la sua attività le cose andavano male. Io non so molto di loro ma so che già nel giugno scorso quando ho invitato i suoi figli a una festicciola delle mie bambine lui mi disse che la moglie era ricoverata. So anche che aspettava la risposta di un giudice, ma non so bene su cosa esattamente. All’asilo, però, le maestre chiedevano sempre alla bimba come andasse a casa, perché tutti sapevano che la famiglia era in grosse difficoltà»
Il vicino di casa che ha scoperto la tragedia
«Stamani alle 7,30 sono uscito dalla palazzina a fare due passi e non mi sono accorto di niente. Rientrando però ho sentito dei condomini che urlavano, mi sono precipitato fino all’appartamento in fiamme e a quel punto, con un badile, abbiamo spaccato la porta». E’ il racconto di Reza Nasir, ingegnere iraniano da molti anni in Italia e che abita nella stessa palazzina di via per San Fermo. «Il papà era un uomo molto dignitoso - racconta il signor Reza -. Da un po’ di tempo, da quando la moglie era stata ricoverata per depressione, stava sempre con i bambini. Era davvero premuroso ma so che ha avuto problemi sul lavoro per via delle sue assenze dovute proprio alla necessità di accudire i 4 figli. Ma il sociale dov’è?». «Quando si è spalancata la porta subito il fuoco si è ravvivato con una grande fiammata - racconta ancora - e c’erano pezzi di legno e di carta che andavano a fuoco subito dietro la porta».
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