Cronaca
Giovedì 27 Marzo 2014
Scandalo Polizia Stradale
I tentativi di depistaggio
Secondo le accuse il vicecomandante modificò le password dei pc per impedire l’accesso ai colleghi che stavano indagando
Nuovi dettagli filtrano tra le pieghe dell’indagine sull’allegra gestione dell’ufficio verbali della polizia stradale di Como.
I più importanti riguardano le motivazioni che hanno indotto il giudice preliminare ad accogliere la richiesta di custodia cautelare in carcere o ai domiciliari per cinque dei 24 indagati.
Secondo il giudice Maria Luisa Lo Gatto, dall’indagine del pm Massimo Astori emerge un «quadro di pubblici funzionari che hanno da tempo asservito il loro ruolo al perseguimento di interessi meramente privatistici», e che nel corso di questi ultimi mesi, dopo avere compreso che qualcosa in Procura stava succedendo, tentarono anche di depistare le indagini. Il riferimento è anche a un episodio risalente allo scorso 5 dicembre quando, per evitare evidentemente che altri potessero metterci il naso, il vicecomandante della Polstrada, Gian Piero Pisani, disabilitò le password di accesso ai sistemi informatici di tre colleghi, gli stessi che, in quelle ore, indagavano su di lui e sul loro comandante, Patrizio Compostella.
Intanto l’inchiesta sarebbe tutt’altro che alle battute finali.
Agli atti del procedimento è già stato acquisito il materiale finito sotto sequestro l’altroieri, al termine delle drammatiche perquisizioni effettuate negli uffici della polstrada e in quello della dottoressa Angela Napolitano, in questura. Al vaglio degli investigatori ci sarebbe documentazione piuttosto copiosa, il cui contenuto è ovviamente sottoposto a esigenze di segreto istruttorio. E però filtra che l’indagine prosegue, come del resto riporta anche l’ordinanza di custodia cautelare, quando motiva la sussistenza delle esigenze cautelari nei confronti dei cinque indagati finiti o in carcere o agli arresti domiciliari. Segnalando il rischio che qualcuno, restando in libertà, possa compromettere il buon esito delle indagine alterandone le fonti di prova, il gip fa esplicito riferimento a «ulteriori fatti di evidente rilevanza penale, del tutto analoghi a quelli per cui è richiesta l’applicazione della misura cautelare, ed ancora in corso di compiuta definizione», motivo per il quale - secondo il giudice - è fondamentale che le indagini possano proseguire senza l’intralcio di nessuna
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