
( foto Sandonini)
Occhi terrorizzati
Ma l’incubo è alle spalle
I 40 migranti ospiti in Valle raccontano la fuga dall’inferno
Cosio Valtellino
Hanno occhi spaventati. Sono stanchi e frastornati per il lungo viaggio dal Mali a Tripoli e poi con il barcone fino a Lampedusa e infine in Valtellina, attraversando tutto lo Stivale a bordo di un pullman messo a disposizione del ministero degli Interni per affrontare questa nuova emergenza profughi.
Non hanno niente i nove immigrati maliani. Indossano abiti forniti dai volontari che a Lampedusa li hanno accolti, pochi giorni fa, tute da ginnastica, ciabatte e infradito.
Niente altro. Alla loro destinazione sono arrivati venerdì pomeriggio verso le cinque, scortati da un nutrito dispiegamento di forze. Nessuno ha molta voglia di parlare, anche perché soltanto uno o due conoscono il francese. Gli altri se ne stanno in disparte con i loro sguardi pieni di paura e di interrogativi.
«Ho lasciato mia madre, mio padre e i miei fratelli perché nel mio paese non c’è lavoro - dice Ousman - ci hanno detto che qui, in Italia e in Europa lo avremmo trovato e così abbiamo raccolto il denaro e siamo partiti, ignoravamo il fatto che anche qui da voi ci fossero difficoltà».
«Abbiamo viaggiato una settimana su un camion prima di arrivare a Tripoli - precisa Kaya Amadou - poi ci hanno caricato su un barcone, eravamo più di cento persone, siamo stati seduti, con le gambe piegate per tre giorni e tre notti senza bere, né mangiare».
Nove di loro sono ospiti a Regoledo di Cosio, altri sono stati portati a Tirano e Sondalo. L’incubo peggiore è alle spalle, ma il futuro è tutto da costruire.
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