Cronaca
Domenica 27 Gennaio 2019
Migranti, in Valle cambia la mappa
dell’accoglienza
Soprattutto verranno meno diversi posti in Bassa Valle. Niente più migranti all’hotel Stelvio di Delebio, ad esempio, e quasi dimezzato (da 90 a 50) il numero dei migranti che potranno essere accolti al Bellevue di Cosio Valtellino. Il viceprefetto Sorrentino: «Nessuna situazione critica»
Il caso del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma, svuotato per essere chiuso a fine mese e le polemiche per le modalità sbrigative dello sgombero ha riacceso prepotentemente i riflettori sul sistema nazionale di accoglienza. Le immagini dei pullman carichi di migranti hanno scosso coscienze e opinione pubblica e anche in Valle ci si interroga sugli effetti del Decreto sicurezza.
La situazione, è bene dirlo subito, nella nostra provincia non desta al momento preoccupazione. A sostenerlo è Umberto Sorrentino, viceprefetto e dirigente dell’Ufficio immigrazione della prefettura di Sondrio. In questi ultimi giorni si è occupato della stipula delle nuove convenzioni con gestori dei Cas (Centri d’accoglienza straordinaria) che dal primo febbraio si occuperanno dei 474 migranti attualmente ospitati in provincia.
Sì, perché in base al bando fatto dalla Prefettura lo scorso anno è stata stilata una graduatoria, sulla base della quale i gestori si sono visti assegnare (o confermare) un certo numero di migranti.
Non tutti i precedenti gestori di Cas hanno presentato domanda. E non tutti quelli che lo hanno fatto sono entrati in graduatoria. Di fatto la mappa dell’accoglienza che si sta delineando è un po’ diversa da quella attuale. Soprattutto verranno meno diversi posti in Bassa Valle. Niente più migranti all’hotel Stelvio di Delebio, ad esempio, e quasi dimezzato (da 90 a 50) il numero dei migranti che potranno essere accolti al Bellevue di Cosio Valtellino: una delle prime strutture che in valle anni fa decise di dare ospitalità ai migranti nella fase di emergenza.
«Ad oggi abbiamo nei vari Cas 474 ospiti - spiega Sorrentino -: si tratta di richiedenti asilo che sono in fase di attesa o della prima udienza in commissione per i rifugiati oppure dell’esito del ricorso fatto perché sono stati “denegati” dalla commissione». Pochissimi, tra i presenti, gli immigrati che si sono visti riconoscere un permesso di soggiorno per motivi umanitari. È la loro al momento la questione più “spinosa”. Prima del Decreto sicurezza avrebbero avuto diritto a transitare anche loro dopo i Cas alla fase di seconda accoglienza, presso gli Sprar. Con la nuova legge si è creata una sorta di tagliola.
«Chi aveva ottenuto il riconoscimento della protezione umanitaria, ma era ancora all’interno dei Cas quando è entrata in vigore la nuova legge, ora non può più passare allo Sprar. Verranno fatti uscire dai Cas con un permesso di soggiorno di due anni. Abbiamo una quindicina di casi in tutto. Verranno fatti uscire gradualmente i maschi adulti e per ora terremo invece nelle strutture i casi vulnerabili, ovvero mamme sole con bambini (tre casi in tutto). È già fissato un incontro per martedì prossimo con gli uffici di piano per vedere che risposta dare a livello provinciale a questi pochi casi». In questi giorni il sindaco di Tirano ha annunciato l’ormai prossima chiusura del Cas ex “Piccolo mondo”.
«Il centro di Tirano chiude per un motivo molto semplice - sottolinea la Prefettura -: abbiamo fatto un bando, cui stiamo dando esecuzione, e il titolare del “Piccolo mondo” non è risultato vincitore: dall’1 febbraio i Cas che rimarranno aperti saranno quelli che hanno partecipato e vinto. Ovviamente abbiamo progressivamente svuotato in questi mesi i centri che non avrebbero più ospitato migranti e trovato per gli ospiti nuove collocazioni». Non è un problema trovare posto per tutti gli attuali ospiti dei Cas. «Il numero di posti nei centri che sono entrati in graduatoria è di molto superiore agli attuali ospiti - spiega Sorrentino -: parliamo di circa 600 posti a fronte di una necessità di 474».
Proprio venerdì in Prefettura sono state completate le operazioni di stipula delle convenzioni coi vincitori: ora c’è un “cuscinetto” di 4-5 giorni per lo spostamento dei migranti (ci sono anche casi di conferme nelle attuali strutture ospitanti). «In Italia il numero di sbarchi si è quasi arrestato e siamo ormai in una fase discendente», sottolinea il viceprefetto.
Bisognerà capire nei prossimi mesi cosa accadrà con chi, già in Italia, si vedrà negare asilo e protezione. Impossibile al momento sapere quanti saranno. «Le percentuali, precedentemente al decreto Salvini a livello nazionale, parlano di riconoscimenti (tra asilo e protezioni) ottenuti dal 40% dei richiedenti, ai quali si aggiungevano quelli presentavano e vincevano il ricorso, arrivando a un totale del 50%. Non essendoci più il riconoscimento per protezione umanitaria, ora si calcola che le richieste accolte non supereranno il 20%: gli altri, non ottenendo il permesso, dovrebbero transitare nei Cpr (centri per il rimpatrio), che però non sono ancora pronti».
Si perderà ovviamente traccia di chi lascerà i Cas. Cosa che rischia di creare notevoli problemi, soprattutto nei grossi centri. Meno ovviamente, visti i numeri bassi, in Valle. «È chiaro che appena sanno l’esito della commissione, queste persone lasciano la provincia e cercano di andarsene dall’Italia - spiega Sorrentino -. Qui non hanno uno sbocco, perché la Val Poschiavo non è certo comoda per scappare verso il Nord Europa. Sono stati fatti periodicamente controlli, ma non sono state segnalate situazioni problematiche».
Tornando ai Cas, Sorrentino precisa che la nuova mappa provinciale dell’accoglienza nei Cas sarà pronta nel giro di pochi giorni. «Abbiamo iniziato già da tempo a spostare gli ospiti. Spostamenti uno a uno, per evitare traumi e per cercare le soluzioni più adatte. Pullman di profughi trasferiti da una località all’altra non se ne vedranno in Valle. L’obiettivo è una distribuzione sul territorio omogenea, tenuto conto di tanti fattori. Per fare un esempio pratico, se dei migranti stanno facendo uno stage a Morbegno e perdono il posto nel Cas di Morbegno, non possiamo certo mandarli ad Aprica... Dobbiamo valutare caso per caso, è un puzzle complicato».
Già, perché dietro i numeri, e chi ha a che fare con i migranti ogni giorno lo sa bene, ci sono persone, per lo più fuggite da guerre e situazioni drammatiche, che hanno necessità, storie, vite e che in Italia sono arrivate per sopravvivere e, magari, costruirsi un futuro.
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