Cronaca / Tirano e Alta valle
Lunedì 24 Novembre 2014
«Mia figlia è morta: il suo carnefice
è uscito dal carcere»
Storie agghiaccianti quelle raccontate ieri a Tirano nell’incontro dell’Associazione delle vittime. Giustizia nel mirino: «Almeno le pene siano certe».
Solo la certezza della pena può impedire la mattanza di donne uccise in tutto il territorio nazionale, mentre la prevenzione è la carta indispensabile da giocare da parte delle associazioni in campo su questo tema.
È il messaggio che, ieri pomeriggio, è stato lanciato a Tirano al convegno organizzato dall’Associazione italiana vittime della violenza a fronte della tragedia avvenuta nei mesi scorsi con l’omicidio di Veronica Balsamo di Tiolo (Grosio). La sala Creval di Tirano era piena di persone – uomini e soprattutto donne, oltre ai genitori di Veronica – che hanno messo in comune i propri problemi e le riflessioni perché, come ha detto in apertura dell’incontro l’avvocato Francesca Lucci, la convenzione di Istanbul prevede innanzitutto misure di prevenzione. «L’intento è quello che altre famiglie non patiscano la stessa tragedia - ha proseguito l’avvocato -. La nostra Associazione, proprio perché vuole prevenire questi crimini, organizza programmi nelle scuole pubbliche come “Gioco in difesa” per educare le nuove generazioni alla non violenza e promuove incontri come quello di Tirano».
Le testimonianze più crude – tale da far venire i brividi e gli occhi lucidi a tutti – sono state quella di Paolo Di Gregorio, oggi vicepresidente nazionale dell’associazione, la cui figlia Sonia è stata sgozzata nel 2000 dal marito che la ragazza, di 20 anni, aveva denunciato più volte; e quella di Maria Teresa D’Abdon, la cui figlia di 24 anni, Monica Ravizza, è stata uccisa dal fidanzato di 31 anni che la ragazza non voleva più sposare.
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