«Mai visto nessuna paziente turbata»

La difesa a spada tratta di una collega del ginecologo finito ai domiciliari per presunti abusi

«Entravamo nel suo studio senza preavviso, durante le visite la porta non era chiusa a chiave»

Chiavenna

«Entravamo nel suo studio senza preavviso e non abbiamo mai visto pazienti turbate». Su Facebook prosegue la mobilitazione a sostegno di Domenico Spellecchia, l’ex primario del reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Chiavenna agli arresti domiciliari con l’accusa di violenza sessuale continuata.

Visite e porte

Ora tra i numerosi messaggi pubblicati si leggono anche quelli di chi ha lavorato fianco a fianco con lui per anni. Una collega ostetrica – che si firma con il proprio nome e cognome – difende il medico raccontando le modalità del lavoro in ambulatorio: la porta del suo studio era sempre aperta e si entrava all’improvviso. Un particolare che, secondo decine di utenti, rappresenta una dimostrazione della trasparenza e dell’onestà del lavoro svolto dal medico. «Ho lavorato con lui otto-dieci ore al giorno. Sono sempre stata nel suo studio mentre svolgeva le sue attività senza preavviso, proprio come faceva tutto il personale che lavora nel reparto. Posso assicurare che mai abbiamo visto pazienti turbate, ma soprattutto nessuna si è mai rivolta a noi per una segnalazione. Una donna che subisce una violenza sessuale se ne va tranquilla dal reparto e non si ferma a denunciarne il fatto nemmeno in pronto soccorso? Come donna questo mi sorprende».

Queste affermazioni, cariche di fermezza, arrivano da una professionista esperta, visto che la stessa utente del social network spiega di lavorare da ben quarantun anni in un reparto di questo tipo. L’obiettivo, secondo quanto annunciato nei giorni scorsi da alcuni cittadini, è la raccolta di testimonianze con l’obiettivo di consegnarle all’avvocato che difende Spellecchia. C’è la consapevolezza del limitato valore di questo materiale a livello giuridico, ma sul piano morale si tratta di un notevole supporto al ginecologo milanese.

Quanta solidarietà

Giorno dopo giorno aumentano anche le manifestazioni d’affetto e stima rivolte al medico. Visto che non c’è la possibilità di contattarlo direttamente, il suo profilo di Facebook assomiglia sempre di più a un muro da riempire con messaggi e “like”, il simbolo utilizzato dai navigatori per esprimere la propria condivisione dell’idea di altri utenti. «Le visite si svolgevano senza che la porta venisse chiusa a chiave e se avessi chiesto aiuto fuori qualcuno mi avrebbe sentito – scrive un’altra donna -. Ma non ce n’è mai stato bisogno perché il dottore è sempre stato rispettoso nei miei confronti. Questa è solo la mia esperienza che mi sento di esprimere per una persona che alla mia famiglia ha sempre garantito un aiuto valido, a livello medico e morale».

Non manca la fiducia nella giustizia. «Il resto non mi compete e lascio a chi di dovere il tempo per svolgere il proprio lavoro», sono le ultime parole del messaggio.n

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