Cronaca / Lecco città
Martedì 29 Aprile 2014
Lecco: «Le trafilerie hanno imparato
a lavorare senza l’Arlenico»
Caso Lucchini, si consuma la chiusura degli impianti di Piombino e Lecco fra il generale disinteresse delle trafilerie lecchesi
Caso Lucchini, si consuma la chiusura degli impianti di Piombino e Lecco fra il generale disinteresse delle trafilerie lecchesi
E’ il caso di dire che la siderurgia italiana sta affrontando il peggior momento.
Produttori asiatici
Fra Piombino che ha spento l’altoforno e non è scontato che qualcuno abbia davvero intenzione di farsi carico dei laminatoi di Lecco e Piombino e l’Ilva amministrata dal super manager Bondi, in cerca di 3 miliardi per riprendere fiato, l’industria siderurgica italiana rischia davvero di scomparire. Un dramma per le imprese di trasformazione? Non proprio. A esprimere parecchie perplessità rispetto al livello di attenzione da parte dei trafilieri è Oriano Lanfranconi, presidente dei giovani di Api Lecco, che lavora nel settore metalmeccanico. «La verità è che ci sono moltissime imprese estere, che vengono dal Medio Oriente e dall’estremo Oriente che stanno profittando del cambio favorevole per esportare in Italia acciaio a costo inferiore rispetto a quello Lucchini e Ilva. Da tempo le produzioni delle due acciaierie italiane sono in picchiata, non solo per via delle questioni finanziarie e ambientali che le hanno colpite, ma anche perché i trafilieri e i trasformatori di acciaio reputano vantaggiosi i prodotti importati». I trafilieri lecchesi sceglierebbero l’acciaio di Lucchini e Ilva anziché quello asiatico per una mera questione logistica, perché i tempi di consegna e i carichi di materiale da accumulare in magazzino sono di tutt’altro genere. Chi importa materiale deve presentare ordini più sostanziosi e calcolare tempistiche più lunghe rispetto a quando si rifornivano dai laminatoi del territori, ma questo è un problema risolvibile.
Ecco perché il silenzio percepibile dallo stabilimento Lucchini Caleotto non sta sconvolgendo la vita dei trafilieri lecchesi, che piuttosto si trovano a competere con concorrenti stranieri alleggeriti da un cambio favorevole (la forza dell’euro rispetto al dollaro penalizza le esportazioni dall’Italia verso l’estero).
Il colosso indiano
Per quanto riguarda il Caleotto di Lecco, le notizie in merito a un potenziale acquirente, sono vaghe. Se da un lato la cordata Duferco Feralpi resta in campo, dall’altro gli indiani del gruppo Jidal sembrano più propensi ad acquisire il solo impianto di Piombino, mentre non sarebbero interessati a rilanciare anche il laminatoio lecchese. Tutte voci, comunque, che dovranno essere confermate (o smentite) entro la fine di maggio, quando il commissario dovrà aprire una nuova fase dell’amministrazione straordinaria, spiegando quali e quante sono le imprese che hanno presentato una vera e propria manifestazione di interesse per gli impianti.
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