Cronaca / Lecco città
Mercoledì 13 Novembre 2013
Lecco: l’Arlenico ferma gli impianti
Manca l’acciaio da laminare
I novanta dipendenti tornano ad usare il contratto di solidarietà
Il futuro dello stabilimento è legato alle decisioni su Piombino
L’Arlenico Lucchini si è fermata un’altra volta, la produzione è stata interrotta perché è finita la materia prima da laminare e da questa settimana i 90 dipendenti dello stabilimento sono tornati in contratto di solidarietà.
A confermare lo stop dei forni dell’Arlenico sono i sindacalisti Mauro Castelli della Fiom e Giovanni Gianola della Fim: «Addirittura era stato programmato un terzo turno notturno per lo scorso venerdì notte, ma alla fine nessuno ha lavorato perché alle 10 di sera le billette da laminare erano esaurite e così i forni sono stati spenti».
Tutta la vergella prodotta è stata depositata nel piazzale dell’Arlenico Lucchini ed è pronta per essere venduta e consegnata alle trafilerie clienti di Lucchini. Il problema è che per il momento non c’è in programma nessuna riapertura entro al fine dell’anno e il rischio è che i dipendenti non lavorino più fino alla fine dell’anno. Inoltre c’è questa grande incognita rispetto al futuro dell’altoforno di Piombino e quindi della continuità produttiva dell’Arlenico Lucchini. «Ecco perché siamo pronti a chiedere un incontro - dice Castelli - in modo da avere un’idea chiara di quello che succederà da qui in avanti».
Domani si svolgerà un vertice al ministero dello Sviluppo economico. Zanonato, con un decreto, ha dato di fatto il via libera al commissario Nardi per la stesura del bando di gara per la cessione degli stabilimenti di Piombino e Lecco e le procedure per l’apertura della gara dovrebbero concludersi entro fine mese, anche se non si sa molto rispetto alle concrete prospettive di vendita. Infatti tutte le ipotesi restano aperte: dalla vendita integrale dello stabilimento, area a caldo compresa, alla ricerca di un compratore che preveda nel piano industriale la realizzazione di un forno elettrico e di un impianto innovativo per la produzione di ghisa. Le opzioni minime prevederanno il solo forno elettrico o la semplice acquisizione dei treni di laminazione.
La speranza è che l’Europa conceda un sostegno economico per la realizzazione di un impianto Corex.
Il nodo da sciogliere è come affrontare un lungo periodo di transizione. L’azienda si sta attrezzando, aumentando lo stoccaggio di semiprodotti, per mantenere in attività gli impianti di laminazione per almeno sei mesi, ma già considera l’ipotesi di andare oltre questo termine acquistando blumi e billette all’estero. In questo modo l’impatto degli ammortizzatori sociali sarebbe meno pesante del previsto.
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