Cronaca / Oggiono e Brianza
Mercoledì 12 Novembre 2014
Lecco. «Difficile lavorare
con certi Paesi»
Dopo il caso denunciato dalla “Tk” di Molteno che non è riuscita a vendere un impianto in Pakistan
Riccardo Riva (Confindustria): «Le regole sono spesso molto diverse da quelle cui siamo abituati»
Dai vincoli sui documenti da produrre per i visti di espatrio alle regole doganali, nei rapporti fra aziende e burocrazie ogni storia è un caso a sé, come la vicenda della “Tk” di Molteno raccontato ieri dalla Provincia.
Per ora l’azienda non potrà incontrare a Molteno un potenziale cliente pachistano da cui dipende la conclusione di un affare da 600mila euro perchè la nostra ambasciata a Islamabad ha ritenuto che «le informazioni che corredano la richiesta di rilascio del visto non sono attendibili».
I visti dati ai pachistani per l’Italia non mancano: nel 2013 secondo l’Osservatorio visti della sezione di diplomazia economica della Farnesina sono stati 2.500 i pachistani entrati per affari e per turismo nel nostro Paese.
Tuttavia chiedere maggiori documenti e dire eventualmente di no sta nelle prerogative delle nostre ambasciate all’estero, visto che la normativa italiana consente loro di chiedere all’istante dei documenti integrativi in aggiunta a quelli già previsti per legge, soprattutto in quei casi in cui ci siano “particolari situazioni locali” che rendano necessarie più informazioni, e se la risposta è negativa non c’è obbligo di darne motivazione.
«C’è senz’altro una serie di Paesi – dice Riccardo Riva, responsabile internazionalizzazione di Confindustria Lecco e imprenditore spedizioniere in aree geopolitiche molto difficili – in cui operare è particolarmente difficile anche in termini di documentazione e burocrazia. Non commento il caso in questione, che non conosco. Dalla nostra esperienza vediamo che non è questione di arbitrarietà nel dire sì o no ai visti; ad esempio per dare un visto per l’area Schengen i criteri non sono ’italiani’ ma universali per ogni Paese dell’area e un’ambasciata deve attenersi».
Per ciò che riguarda il resto del fare business in certe aree, aggiunge, «è una questione di diversità di regole da accettare a priori se si vuole lavorare con l’estero. Il Pakistan, ma anche la Libia, l’Algeria, la Siria dove noi operiamo da tempo sono certo Paesi difficili per la grande trasversalità di documenti che vengono richiesti a chi vuole esportare dall’Italia. Chi lavora in quelle aree abitualmente tuttavia è predisposto ad avere tutti gli anticorpi per lavorare con successo».
E per chi invece ci va per la prima volta l’indicazione è «di andarci predisposti – dice Riva – e senza il pregiudizio che siano Paesi in cui non si possa lavorare. Con accortezza e conoscenza gli strumenti per superare le difficoltà ci sono».
«Il Pakistan – dice il direttore del Consorzio Premax Giovanni Gianola – per la produzione di forbici e coltelli è Paese di concorrenza a basso costo, quindi ci si visita reciprocamente il meno possibile. Tuttavia, dato che esportiamo l’85% della produzione, abbiamo visite di clienti da Paesi come Iraq, Iran, Medioriente in generale e nei rapporti con le nostre ambasciate vengono regolarmente richieste lettere di presentazione, di motivazione relative ai viaggi, informazioni sulla residenza durante il soggiorno. Posto che sull’apparato burocratico che sta intorno alle aziende l’elenco di criticità è infinito, per quanto riguarda l’estero finora abbiamo sempre potuto ricevere tutte le visite previste».
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