Cronaca
Sabato 06 Agosto 2016
La sorella al capezzale di Andrea
«Ero con lui, gli ha sparato in faccia»
Il dramma di Cantù - Il giovane barista è in condizioni disperate in Rianimazione al Sant’Anna. «Stavo lì in ginocchio al tuo fianco. Mi spiace, non ho saputo proteggerti da sorella maggiore»
«Andrea mi manchi, ti amo da morire. Avrei voluto essere io al tuo posto - le poche frasi affidate a Facebook - mi dispiace, non ho saputo proteggerti da sorella maggiore».
E poi, a mezza voce, in corsia, il racconto: «Ho visto che caricava il fucile e che sparava. Dopo il primo colpo, mentre ero inginocchiata a terra, di fianco a mio fratello, ho visto davanti a me il suo volto esplodere per il secondo. Ero vicino, a saperlo mi sarei spostata e l’avrei preso io, quel colpo. Non gli avrei fatto rovinare la faccia, a mio fratello».
È Rosanna, sorella di Andrea Giacalone, a ricordare gli attimi di mercoledì notte, in via Corbetta, a pochi passi da piazza Garibaldi, in pieno centro. Quando, dopo le 3, Antonio Manno, spinto da un movente che parrebbe sentimentale, ha premuto per due volte il grilletto del fucile da caccia a canne mozze, recuperato dopo un primo diverbio con Andrea. Ora il 25enne barista del Manhattan Cafè di via Dante lotta tra la vita e la morte in rianimazione, all’ospedale Sant’Anna di San Fermo, in condizioni disperate. Alle 20 di ieri, la prognosi era ancora riservata.
I familiari
All’ospedale, ieri mattina, in reparto, c’erano tutti i familiari. Andrea ha altri due fratelli e due sorelle. Sono ore di strazio. Rosanna ha avuto la forza di ricordare cosa è successo mercoledì notte: la sua versione, da testimone presente e direttamente coinvolta dai fatti.
«Prima - racconta Rosanna - ho saputo che Manno gli aveva detto: ¨Dobbiamo parlare¨. Ma non ha voluto affrontare mio fratello a mani nude. ¨Torno subito¨, ha detto. E quando è tornato aveva il fucile. Un fucile da caccia. Io sono andata in piazza Garibaldi da mio fratello perché mi ha detto che Manno lo stava minacciando con un’arma. Sono andata a prendere Andrea. Era seduto sugli scalini della Permanente, in piazza. Gli ho detto: ¨Dov’è?¨. Manno era con la ex di mio fratello, davanti al Grill House di via Corbetta».
Dietro l’angolo della stessa piazza, a poche decine di metri. In una serata ancora popolata, nonostante i più fossero già andati a casa, vista l’ora.
L’intervento
«Mi sono avvicinata a Manno e gli ho detto: “Ma la smettiamo di fare i bambini?” - racconta la Giacalone, intervenuta con l’intento di chiudere i problemi di serata tra i due ragazzi - Mio fratello nel frattempo è sopraggiunto dietro. E Manno ha tirato fuori il fucile».
Andrea ha spintonato la sorella, per allontanarla dal pericolo dell’arma. «A un certo punto - continua Rosanna - mio fratello e Sara sono stati spinti e Manno è andato giù per la discesa di via Corbetta, verso la chiesa di San Teodoro. Gli sono andata incontro: “Smettila”, gli ho detto. Ma intanto stava caricando il fucile. Si è girato e ha sparato».
Il primo colpo ha raggiunto, con una rosa di pallini, l’addome di Andrea. «Mi sono girata e ho visto mio fratello colpito alla pancia. È caduto ed è rimasto a terra in posizione fetale. Io sono corsa da lui, mi sono inginocchiata davanti a lui. E nel frattempo, quando ero lì, e lo stavo guardando in faccia, gli è esploso il viso per il secondo colpo. Poi Manno è scappato via, a piedi».
Oltre la chiesa, verso piazza Sirtori. «Io sono rimasta vicino a mio fratello, io. Gli ho tenuto la mano e l’ho tenuto sveglio finché non sono arrivati i soccorsi. Voleva me, mio fratello, in quel momento, vicino a lui».
«I pallini da caccia sono finti dappertutto, hanno sfracellato Andrea - dice Rosanna - sul volto, nella testa. Due pallini sono finiti nel sacco del cuore (il pericardio, ndr). Tantissimi altri nella pancia. Mio fratello e Sara hanno una figlia in comune: anche se scherzavano insieme, dove sta il problema? La bambina ha cinque anni. Ora mio fratello è in fin di vita, con la faccia rovinata». Da una delle due fucilate. «Manno aveva qualcosa di simile a una cintura per il fucile, forse era mezzo nascosto dagli abiti. Mi ricordo i proiettili. Rossi».
Christian Galimberti
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