Cronaca / Tirano e Alta valle
Mercoledì 18 Marzo 2015
La ricetta modificata dei pizzoccheri: «Basta che li si chiami in un altro modo»
Il presidente dell’Accademia di Teglio, Rezio Donchi, e la rivisitazione proposta in tv «Ciò che suggerisce lo chef Ribaldone si discosta dalla versione originale del piatto».
«Tutti gli chef sono liberi di proporre le ricette che desiderano, ma se si discostano dalla ricetta originale del piatto, come nel caso dei pizzoccheri presentati alla trasmissione “La prova del cuoco” allora che li si chiami in un altro modo: pasta di grano saraceno e fonduta, piuttosto che tagliatelle…».
Rezio Donchi, presidente dell’Accademia del pizzocchero di Teglio, con la galanteria che contraddistingue da sempre le sue risposte anche su argomenti spinosi, commenta con queste parole l’intervento che lo chef Andrea Ribaldone ha fatto sulle colonne del nostro giornale per “difendere” la sua rivisitazione della ricetta tellina. Pomo della discordia, durante la trasmissione, è stato quello di aver utilizzato il latte direttamente nei pizzoccheri, di aver fatto una fonduta di Casera, invece di mettere il formaggio a pezzi interi e, soprattutto, di aver aggiunto l’olio anziché puntare sul burro.
«A Ribaldone auguro buona fortuna nella sua carriera di chef, chiedo solo di chiamare la sua ricetta in modo diverso dai pizzoccheri, perché quelli non sono i “nostri” pizzoccheri», aggiunge Donchi.
Più battagliera Lorenza Maffescioni che, peraltro, dopo la puntata incriminata, quella che ha sollevato un polverone di polemiche, è intervenuta nella puntata successiva a rettificare la ricetta mettendo i puntini sulle “i”. «E’ giusto che gli chef cerchino nuovi accostamenti ed emozioni, ma i pizzoccheri fanno parte della nostra storia che non vogliamo snaturare – afferma -. Dentro un piatto di pizzoccheri ci sono i ricordi di una volta, ma c’è anche il futuro. Pensiamo all’attenzione con cui i bambini che partecipano ai laboratori di preparazione dell’impasto del pizzocchero seguono la lezione. Pensiamo all’interesse che molte casalinghe e donne provano quando, durante i vari eventi anche fuori provincia, le scarellatrici mostrano come si preparano i pizzoccheri, la precisione nel taglio, la delicatezza con cui vengono buttati nella pentola e mescolati. La pasta viene quasi “accarezzata”».
Anche in Valtellina ci sono piccole variazioni, Maffescioni lo riconosce, ad esempio se non ci sono verze vanno bene anche coste o fagiolini, a Teglio si usa esclusivamente l’aglio, da qualche altra parte anche la salvia, ma mai una fonduta di Casera. Ribaldone ha affermato di aver puntato più sull’olio che sul burro per rendere il piatto più leggero, per agevolarne la preparazione anche lontano dalla Valtellina. Ebbene «anche noi siamo andati come Accademia a Roma o a Strasburgo ma sempre abbiamo presentato la ricetta originale – aggiunge -. E poi il fritto non credo sia tanto più calorico del nostro burro nei pizzoccheri. Vorrei ricordare inoltre che i pizzoccheri di Teglio sono riconosciuti con il marchio De.Co. Se il legislatore nazionale ha previsto l’istituzione delle De.Co. qualche cosa vorrà pur dire!».
Lo chef suggerisce che l’Accademia dia maggiore impulso alla coltivazione del grano saraceno e, anche su questo punto, Maffescioni risponde: «È quello che stiamo facendo in collaborazione con l’associazione dei coltivatori di grano saraceno. Non bisogna parlare di reintroduzione della coltura, perché a Teglio non si è mai estinta. C’è, anche se in piccole proporzioni».
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