Cronaca / Sondrio e cintura
Venerdì 03 Aprile 2015
Joseph, quella meta che vale una vita
Il giovane camerunense, sbarcato a Morbegno da rifugiato, ha esordito domenica nella Sertori. Non conosce ancora il suo destino ma dice: «Mi sento proprio a mio agio coi ragazzi del rugby».
Ha 22 anni, è originario del Camerun e domenica ha esordito nei ranghi della Sertori, segnando anche una bella meta.
Ma la storia di Joseph Lotchouang va ben oltre la cronaca sportiva e merita di essere conosciuta per intero. È una vicenda drammatica: per molti giovani della sua età, spesso, fatale, mentre per lui si è conclusa in maniera positiva. Le tappe principali di questa vicenda ce le ha raccontate prima dell’allenamento di martedì al campo “Cerri-Mari”, con il presidente della società rugbistica sondriese Alfio Sciaresa in veste di interprete.
«Meno di un anno fa, nel mio peregrinare per l’Africa in cerca di occupazione, lavoravo il marmo in Libia - racconta - . Un brutto giorno una banda di predoni ha violentato la ragazza con cui vivevo. Per evitare possibili denunce, questi criminali ci hanno poi costretto a salire su uno dei tanti barconi strapieni con destinazione Italia. È stato un viaggio da incubo, in un ambiente chiuso, dove mancava l’aria e molti si sentivano male. In più, con la paura di non riuscire nemmeno ad arrivare a destinazione. Per fortuna la nostra imbarcazione è stata intercettata dalla Marina militare italiana e siamo stati condotti a Lampedusa, dove abbiamo chiesto lo status di rifugiati. Da qui, nel mese di agosto, sono stato destinato a Morbegno e alloggiato all’albergo Gerola: la mia richiesta di asilo sarà discussa solo verso ottobre di quest’anno. Nei pressi dell’albergo ho avuto l’occasione d’incontrare Daniele Rossi, giocatore della Sertori, che si recava in zona per frequentare una palestra e mi ha invitato ad assistere agli allenamenti della squadra di Sondrio».
Le lunghe e inattive giornate di Joseph, da allora, conoscono una svolta. Inizia ad allenarsi, incontra ragazzi della sua età e s’inserisce bene nel gruppo, anche perché diversi compagni conoscono, più o meno bene, il francese.
«Mi sono allenato con molto entusiasmo – prosegue – e qualche settimana fa mi sentivo pronto per il debutto. Purtroppo, dopo l’esame dei cartellini, l’arbitro mi ha impedito di giocare per un cavillo burocratico. Per me è stato un brutto colpo, ma la società ha presentato subito una memoria facendo riferimento alla legge italiana e l’ostacolo è stato rimosso. Così, domenica scorsa, sono sceso in campo dal primo minuto a Gussago e, dopo circa cinquanta minuti di gioco, sono riuscito a passare la linea di meta. Per me era già un grande risultato poter sfogarmi su un campo di gioco, ma dopo la segnatura è avvenuta una cosa bellissima: non sono stati solo i miei compagni a congratularsi, ma anche gli avversari, con molta sportività».
La situazione di rifugiato non permette di lavorare. Lo Stato paga l’albergo e settimanalmente, passa pochi euro per le piccolissime spese. Ma la giornata è lunga, e, per Joseph, diventa interessante solo quando c’è l’allenamento e, ora, anche la partita.
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