Cronaca
Mercoledì 12 Marzo 2014
«Io, salvo per caso, ma quanta paura
per quella valanga sul Palanzone»
La testimonianza di un escursionista di Lambrugo che si trovava a poche decine di metri di distanza. «Ho guidato l’elisoccorso sul luogo dell’incidente»
«La prima cosa che mi è venuta in mente è stato il rumore di un elicottero in volo. O di un treno in corsa, per essere ancora più realistici».
Alberto Molinari, 48 anni di Lambrugo d’Erba, è stato uno dei testimoni della valanga che domenica è scesa dal pendio del monte Palanzone, sul versante di Faggeto Lario. Una montagna di neve che ha travolto una bambina di 4 anni, il nonno Edoardo di 62 e un’amica, Rosanna Lopez di Asso. Le condizioni più gravi sono quelle dell’uomo, ancora ricoverato al Sant’Anna di Como in condizioni serie ma stabili. La piccola, rimasta sepolta nelle neve per lunghi interminabili minuti, adesso sta bene così come l’amica che ha comunque riportato la frattura di una gamba.
Ma il bilancio dell’incidente, avvenuto a quota mille metri, in una zona tradizionalmente battuta da numerosi escursionisti, poteva essere ancora più grave . «In effetti - spiega Molinari - è un percorso facilissimo. Io e mia moglie non abbiamo usato nè sci nè ciaspole. Abbiamo raggiunto il rifugio Riella, dove c’erano moltissime persone. Del resto era la prima domenica di primavera, con temperature molto gradevoli e già alla Capanna Mara c’era un grande pienone, per non parlare del parcheggio delle auto».
Tanta neve anche nella zona del rifugio - circa un metro - ma nulla che lasciasse presagire un pericolo imminente. «Infatti dopo aver sostato per un po’ al Riella - prosegue Molinari - abbiamo deciso di raggiungere una zona soleggiata per uno spuntino sull’erba. Ci siamo fermati appena abbiamo trovato un piccolo prato sgombro di neve. Non erano ancora trascorsi cinque minuti quando abbiamo sentito un rumore fortissimo a meno di cinquanta metri di distanza da dove ci trovavamo».
Una valanga, del tutto improvvisa e di dimensioni ragguardevoli. «Siamo rimasti sorpresi per qualche secondo, poi ci siamo accorti che, lungo il sentiero, sul versante opposto al nostro - quello cioè dalla vetta del Palanzone verso il rifugio Riella - c’erano alcune persone che gridavano, parlando della presenza di due adulti ed un bambino davanti a loro. Ci hanno chiesto se le avessimo visti passare. In quel momento abbiamo capito che era successo qualche cosa di grave. Uno di loro si è precipitato verso il basso. Dalla nostra posizione, tuttavia, non riuscivamo a vedere nulla, poi all’improvviso ho sentito il pianto di una bambina».
Molinari ha quindi chiamato la centrale del 118 dando l’allarme. «Dalla centrale sono stati molto professionali, si sono fatti spiegare il luogo dell’accaduto, mi hanno fatto utilizzare la bussola del mio iphone per avere le coordinate precise - aggiunge ancora l’uomo - Ogni tre minuti mi chiamavano, spiegandomi dove erano, come stavano procedendo i soccorsi, chiedendomi come ero vestito per localizzarmi rapidamente. Quindi ho visto arrivare l’elicottero. Saranno passati venti minuti, non di più. Sono stati bravissimi, siamo proprio in buone mani».
L’elicottero è sceso per il pendio della montagna, dove si trovava la piccola e il suo soccorritore. Nel giro di pochissimo tempo la bimba - di appena 4 anni, visibilmente sotto choc e congelata - è stata presa con il verricello e portata in ospedale. Quindi è toccata agli altri due adulti travolti dalla valanga. «Sono stati momenti molto concitati - dice Alberto - Una volta tornati a casa, in effetti, abbiamo cominciato a renderci conto del pericolo scampato. Cinquanta metri più in là, o la più banale decisione di aspettare ancora qualche minuto prima di mangiare il nostro panino, e avremmo avuto lo stesso destino di quelle persone».
Un monte poco pericoloso, il Palanzone. «Escursioni da famiglie - conferma - e nessuno di noi l’ha mai considerato pericoloso. Non c’erano comunque indicazioni o divieti e, a posteriori, forse sarebbe stato opportuno. La neve era davvero tanta, la temperatura alta. Adesso facciamo tutti il tifo per quell’uomo che si trova ancora in ospedale».
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