
Cronaca / Sondrio e cintura
Venerdì 27 Marzo 2015
Imu, l’allarme delle società di risalita: «Tasse raddoppiate»
Era il 2007 e, da allora, gli esercenti gli impianti a fune della provincia di Sondrio, fra i pochi in Italia, hanno ottemperato all’obbligo di legge salvo presentare, chi più chi meno, ricorsi in commissione tributaria finalizzati alla revisione delle rendite,
Il “rospo” riferito al fatto che, prima l’Ici, poi l’Imu venissero fatte pagare anche sugli impianti di risalita, gli impiantisti di casa nostra l’hanno dovuto ingoiare già tempo fa, quando erano state indicate le rendite catastali da parte dell’Agenzia del Territorio. Era il 2007 e, da allora, gli esercenti gli impianti a fune della provincia di Sondrio, fra i pochi in Italia, hanno ottemperato all’obbligo di legge salvo presentare, chi più chi meno, ricorsi in commissione tributaria finalizzati alla revisione delle rendite, meglio, del balzello nel suo complesso.
«Il fatto è che con questa sentenza della Corte di Cassazione, (sul ricorso presentato dall’Agenzia del Territorio-Entrate avverso la società Funivia Arrabba Marmolada-Sofma spa, nda) – precisa Enrico Vaninetti, amministratore delegato di Skiarea Valchiavenna – che ribadisce l’obbligo di corrispondere l’Imu sugli impianti in quanto considerati funzionali alle piste da sci e non mezzi pubblici di trasporto quali, secondo noi, faremo enormemente fatica a spuntare alcunché in sede di giudizio rispetto ai ricorsi che abbiamo, a nostra volta, presentato».
Perché Skiarea Valchiavenna ha sì, corrisposto il pagamento delle spettanze, ma anche presentato ricorso «oggi fermo al livello di commissione tributaria regionale – precisa Vaninetti – rispetto a quanto versato negli anni dal 2007 al 2009, anche in ragione del fatto che, inizialmente, l’Agenzia del Territorio locale aveva attribuito rendite catastali più alte rispetto a quelle attribuite dalle medesime Agenzie di altre regioni, Trentino in primis. Comunque, il punto è che se, noi, ora paghiamo sui 100mila euro di Imu a Campodolcino, e 80mila a Madesimo, se passasse anche per noi l’assunto della sentenza fresca di emanazione, allora il dovuto salirebbe a circa 300mila euro pari al 5% del nostro fatturato annuo. Una sberla fuori misura, per noi che già facciamo fatica a far quadrare i bilanci».
E la “musica” non è diversa in casa di altri. Da Livigno, ad esempio, Marco Rocca, ad di Mottolino spa e presidente del settore Turismo di Confindustria Sondrio, parla di «una sentenza assurda, figlia di un’Italia che vuole continuare a spremerci – dice -. Speriamo nell’intervento della politica a tutela del comparto, ma, soprattutto, degli impiantisti più piccoli per i quali questa mazzata è potente. Per noi di Mottolino si parla di un esborso annuo da 130 a 160mila euro, ma, ripeto, come rappresentante di categoria penso al settore nel suo complesso, incapace di reggere un simile prelievo».
Sul piede di guerra è anche Franco Vismara, patròn di Fab, Funivie al Bernina, in Valmalenco, che, pure, paga la tassa dalla sua introduzione «anche se è del tutto ingiusta – afferma -. Perché il principio è sbagliato, in quanto l’Ici, ora Imu si paga sulla rivalutazione annua di un bene immobile, cosa che ha un senso, mentre l’impianto non si rivaluta affatto, bensì si svaluta subito dopo l’acquisto. Proprio come un’auto. Per cui non capisco cosa ci sia da corrispondere su funi, riduttori, seggiolini... Semmai si paga, come è giusto, su bar, ristoranti, biglietterie».
Dello stesso avviso è Marilisa Paltrinieri, presidente della Fupes di Pescegallo che, pure, fa notare l’incongruenza della ratio della norma. «Noi, tramite Pescegallo 2000, che è la società proprietaria degli impianti - sottolinea – paghiamo 7mila euro l’anno, ma il fatto è che il giudice avvalora la tesi dell’Agenzia del Territorio-Entrate che equipara l’impianto a fune ad un bene stabile e strumentale, anziché ad un mezzo di trasporto pubblico come riteniamo sia. E, dall’altro lato, la medesima Agenzia cosa fa? Introduce un’agevolazione sulle accise del carburante utilizzato per il gatto delle nevi ritenendolo al servizio di un impianto di trasporto persone. Se non è incongruenza questa» conclude.n Elisabetta Del Curto
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