Cronaca / Tirano e Alta valle
Venerdì 03 Luglio 2015
Il prof assolto dopo 11 anni: per Dei Cas un incubo finito
La sentenza (con formula piena) è stata pronunciata a Brescia. Il cardiologo bormino finì in un’inchiesta sui concorsi universitari truccati.
Non si è mai dato per vinto e ha sempre creduto nella giustizia, ma certo il colpo che aveva dovuto incassare era stato duro. Anzi, durissimo. Ora, a distanza di 11 anni, per il luminare bormino Livio Dei Cas, 73 anni, noto a livello internazionale e da decenni stimato primario di cardiologia agli Spedali Civili di Brescia, è finito un incubo.
Il medico, nonché professore universitario (attualmente direttore del dipartimento di medicina sperimentale e applicata e della scuola di specializzazione in cardiologia agli ospedali riuniti di Brescia), è stato assolto dalle pesanti accuse che nel 2003 lo avevano visto al centro di uno scandalo che travolse più di un ateneo.
La sentenza di assoluzione con formula piena, riguardava l’accusa di falso in verbali e truffa ai danni dell’università ed è stata pronunciata lo scorso 30 giugno a Brescia, città competente per territorio. Per questa vicenda il medico si fece pure alcuni mesi ai domiciliari: fu infatti arrestato per “associazione per delinquere”.
Secondo l’inchiesta, partita da Bari, Dei Cas, in quanto segretario del collegio dei docenti che organizzava i concorsi, sarebbe stato una sorta di “terminale” bresciano della presunta cupola che avrebbe pilotato le carriere universitarie nella cardiologia.
Da subito, Dei Cas e il suo avvocato - Mario Bonati - si dichiararono tranquilli: «Il coinvolgimento del mio assistito - disse all’epoca il legale - si fonda solo sulla posizione di grande rilievo che ha nel mondo medico (Dei Cas ha rivestito posizioni apicali nelle più importanti associazioni italiane di cardiologia, ndr). Ma presto potrà dimostrare la sua estraneità».
Intanto però, quel mandato di arresto non solo gettò ombre - e fango - sul direttore del dipartimento, ma fece barcollare lo stesso complesso ospedaliero. Ristretto nella sua casa di Parma (dove abita con la famiglia, anche se per motivi affettivi ha sempre voluto mantenere la residenza a Bormio), il professore ha trascorso 4 mesi ai domiciliari, sicuro della propria innocenza, ma preoccupato per i danni che tutta la vicenda avrebbe arrecato ai suoi cari e al suo lavoro.
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