Cronaca / Lecco città
Lunedì 12 Gennaio 2015
Il bene casa a Lecco
Investimento poco conveniente
Il peso del fisco incide sul rendimento degli affitti Su un canone di 7.600 euro se ne incassano 2.576. «Ma sul lungo è l’impiego con le migliori garanzie»
Lecco è il capoluogo italiano in cui tasse sulla casa e spese rendono meno conveniente che altrove mettere a reddito gli immobili a canone libero.
Secondo la classifica pubblicata ieri dal Sole 24 Ore (base Nomisma, Agenzia delle Entrate e Caf Acli) a Lecco per un appartamento fra i 100 e i 110 metri quadrati a canone libero fissato intorno ai 7.600 euro si incassa, con prelievo ordinario, un netto di solo 2.576 euro, il 66% in meno, con un ritorno dell’1,45% sul capitale. Ciò basandosi su un’aliquota Irpef del 38%, considerata tuttavia «non frequente per i redditi lecchesi» secondo il tesoriere dei commercialisti Michele Peccati.
La perdita si fa solo un po’ più leggera (-48%) se si sceglie di pagare con cedolare secca, Imu e Tasi e in quel caso il rendimento è intorno al 2,25%.
Tuttavia, ci spiegano commercialisti e proprietari di case lecchesi, prima di decidere che per i bassi rendimenti è meglio vendere e investire in titoli di Stato o altro «bisogna pensarci bene, perché la casa – spiegano - resta il miglior investimento sul lungo periodo».
Oggi a comprimere la convenienza a Lecco è l’alto valore catastale degli immobili, un dato che pesa sull’Imu, mentre fattori non indifferenti nel valutare la convenienza o meno dei rendimenti sono la frequenza e incidenza delle spese di manutenzione degli immobili e la morosità degli inquilini. Due fattori, questi ultimi, «decisivi – spiega Peccati – nella decisione di vendere e reinvestire, perché i mancati introiti per morosità rendono difficile per i proprietari privi di consistenti redditi da lavoro far fronte alle manutenzioni straordinarie, perciò può rendersi necessario vendere».
Da un lato, dunque, la statistica, dall’altro una serie di situazioni tipiche di Lecco che aiutano a decifrare la reale convenienza dell’investimento nel mattone.
In proposito si considerano le rendite catastali, ma conta anche la possibilità data dai vantaggiosi contratti a canone concordato grazie ai quali si ottiene uno sconto di 2 punti sull’Imu, fino alle prospettive di un mercato immobiliare in sofferenza ma che sta tenendo le quotazioni in città.
Nella situazione, il Comune di Lecco (che peraltro agli affittuari non fa pagare la Tasi) entra con l’Imu: «Uno dei motivi per cui l’Imu risulta alta – dice l’assessore al Bilancio Elisa Corti – è perché gli estimi catastali di Lecco sono alti e, finché non sarà completata la riforma del Catasto i capoluoghi di provincia con gli estimi più bassi continueranno a registrare vantaggi nel confronto. Quando sarà il momento dell’adeguamento degli estimi Lecco subirà minori ripercussioni», sempre che ovviamente in 5 anni, tanti ne servono per completare la riforma, il Comune non decida di alzare comunque le aliquote.
La quota di arbitrarietà che c’è nel fissare un canone libero, il valore medio degli affitti a Lecco rispetto ad altri territori, il volume di reddito dei proprietari «sono tutti fattori – dice Corti – che rendono davvero difficile considerare davvero realistici dei dati medi, soggetti in realtà a troppe variabili».
Forse perciò «la stragrande maggioranza dei proprietari lecchesi – dice Enzo Bergamaschi, presidente di Asppi, che riunisce 450 proprietari – a Lecco sceglie la sicurezza dei contratti a canone concordato».
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