Cronaca / Lecco città
Venerdì 08 Maggio 2015
I delegati della Cgil
«No al Jobs act»
Iniziativa davanti alla sede di Confindustria Il presidente Giovanni Maggi ha incontrato un gruppo di operai guidati dal segretario Cgil
Due tamburi e una grancassa. Le bandiere rosse della Fiom, della Fillea, della Cgil e della Filctem. Uno striscione della Fiom, ed uno che urlava: «Primo maggio 2015 - Job s act: riduzione dei diritti». Duecento delegati di fabbrica delle categorie della Camera del lavoro hanno partecipato al presidio della sede di Confindustria Lecco, in via Caprera.
La manifestazione era stata organizzata per dire no al Jobs act che - stava scritto su una finta bara preparata dalla Fillea - «seppellisce i diritti dei lavoratori». Ed era stata proclamata per chiedere a Confindustria di lasciare autonomia negoziale e contrattuale alle imprese associate. Il concetto è stato tradotto da Diego Riva (segretario della Fiom) ad un delegato che gli chiedeva come rapportarsi con il datore di lavoro: «Agli imprenditori che vogliono assumere con le regole del Jobs act bisogna ricordare che, nelle fabbriche lecchesi, i lavoratori hanno sempre dato massima disponibilità, e hanno sempre cercato di venire incontro alle esigenze della produzione. E che insieme, dipendenti e aziende, hanno affrontato i momenti di difficoltà. C’è una qualità delle relazioni sindacali che va mantenuta e valorizzata».
In teoria può essere così, però lo stesso delegato ha ribattuto a Riva: «Oggi per le aziende siamo numeri, voci di costo, soprattutto noi che siamo in produzione. Se uno non ci sta ad essere assunto con il Jobs act ce se sono quattro pronti a firmare qualsiasi contratto».
Ecco un effetto della crisi, della globalizzazione, della competizione feroce sui costi, della crescente disoccupazione e del lavoro sempre più precario. Eppure, anche da quel tempio del liberismo che è il Fondo monetario internazionale (Fmi) è uscita l’ammissione (nel documento prodotto lo scorso mese) che non vi è alcuna evidenza o prova sull’effetto positivo della flessibilità del lavoro sulla crescita. Come dire - scrive l’Fmi - che ridurre garanzie e tutele, e agevolare i contratti precari, è nei fatti un incentivo per le imprese a non migliorare il processo, sostituendo il capitale e le tecnologie con più lavoro a basso costo.
Anche di questo messaggio si è fatta portavoce la delegazione che si è staccata dal presidio ed è salita negli uffici di Confindustria Lecco. Wolfango Pirelli (segretario della Cgil), Diego Riva (Fiom), Giuseppe Cantatore (Fillea) e Stefania Sorrentino (Filcams) sono stati accolti da Giovanni Maggi (presidente), Giulio Sirtori (direttore) e Giorgio Airoldi (responsabile dell’area sindacale).
Terminato l’incontro, Pirelli ne ha spiegato gli esiti ai delegati. «Abbiamo chiesto a Confindustria Lecco - ha detto - di lasciare alle aziende autonomia negoziale e contrattuale. Di fare attenzione nel momento in cui si affidano all’esterno fasi della produzione, perché ci possono essere infiltrazioni non corrette. E comunque - ha specificato Pirelli - i lavoratori coinvolti nell’ esternalizzazione non devono essere assunti con il Jobs act. Infine, abbiamo ricordato l’atteggiamento di responsabilità tenuto dai lavoratori durante la crisi».
E Confindustria Lecco cosa ha risposto? Pirelli ai delegati ha riferito: «Hanno concordato che nel territorio le relazioni industriali sono sempre state improntate alla correttezza e alla reciproca disponibilità. E che è loro intenzione proseguire su questa strada. Su tali basi - ha sottolineato Pirelli - mi sento di dire che siamo in presenza di un’oggettiva diversità di atteggiamento di Confindustria Lecco rispetto alle territoriali di Bergamo e Brescia, dove - così ci riferiscono - le aziende sono state invitate ad applicare nelle nuove assunzioni sempre le regole del Jobs act. Ci è stato fatto capire che a Lecco non sarà così e che resteranno spazi per avviare trattative nelle singole aziende».
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