Cronaca / Sondrio e cintura
Sabato 01 Novembre 2014
Gianola: «Ne uscirò a testa alta»
L’ex manager della sanità locale si sfoga: «Sono un capro espiatorio della Lega. Ma sono sereno». Ieri intanto i suoi avvocati hanno chiesto l’assoluzione con formula piena anche per la turbativa.
«Magari non verrò assolto in primo grado, perché difficilmente si arriverà ad ammettere che ho fatto ingiustamente del carcere. Ma di una cosa sono certo: negli altri gradi di giudizio avrò soddisfazione».
Parla, Luigi Gianola, per la prima volta. Fuori dall’aula della quarta sezione penale dove è in corso il processo che si concluderà a novembre, l’ex manager della sanità valtellinese si sfoga dopo aver ascoltato l’arringa del suo avvocato Marina Cotelli che in due ore fitte fitte ha spiegato per filo e per segno “come” la Corte dovrà assolvere Gianola , dopo che la scorsa udienza il collega Guglielmo Gulotta aveva spiegato “perché” il colichese non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi al banco degli imputati con l’accusa di corruzione per aver “pilotato” il bando da quasi nove milioni di euro che ha consentito agli ospedali locali di dotarsi di un sistema di informatizzazione per il trattamento dei referti.
«L’unica soddisfazione è che la gara è andata a buon fine e quel sistema a cui tenevo tanto ora è realtà. Le accuse che mi hanno mosso - afferma Gianola - non mi hanno sfiorato minimamente - so di essere innocente e so che avrò giustizia primo o poi - ma quello che non riesco ad accettare è il fatto di essere stato trattato come un delinquente: il carcere, la gogna mediatica... ma sa, io a Sondrio giro a testa alta e anche se non c’è ancora una sentenza molti già mi vedono come una vittima di un sistema che ho cercato di cambiare. Lo sa perché sono finito in questo tritacarne? Perchè sono della Lega e perché raddrizzo le schiene storte».
L’avvocato Cotelli prima di arrivare a chiedere l’assoluzione per il suo cliente «perché il fatto non sussiste» ha ricordato come l’accusa nei confronti di Gianola sia «partita chiedendo l’arresto per una presunta mazzetta da 500mila euro, poi divenuta 180mila nel decreto di giudizio immediato e infine è giunta a modificare il capo di imputazione da corruzione a turbativa d’asta».
Ora non resta che attendere l’ultima udienza, il 27 novembre. Dopo le repliche dell’accusa la Corte pronuncerà la sentenza. Ma Gianola un verdetto lo ha già emesso: «Non mi parli più di pubblica amministrazione. Dio me ne scampi e liberi. Alla larga...».
© RIPRODUZIONE RISERVATA