Cronaca
Lunedì 15 Marzo 2021
Don Roberto, sei mesi dopo
L’omicida ora vuole parlare
L’inchiesta I legali hanno chiesto l’interrogatorio per il loro assistito
In un memoriale di gennaio 2020 indicava già la data del 15 settembre
«Sono stato informato di un’udienza davanti al giudice di pace il 15 settembre 2020... chi ha sbagliato deve pagare».
È datato 31 gennaio dello scorso anno il memoriale, scritto e sottoscritto da Ridha Mahmoudi, reo confesso dell’omicidio di don Roberto Malgesini, il sceardotte roifignairio di nel quale il killer fa l’elenco dei suoi nemici e mette nero su bianco la data che sarà per sempre ricordata come il tragico giorno della morte del prete degli ultimi.
Sei mesi fa esatti Como si risvegliava con la notizia dell’omicidio di uno dei preti più attivi sul fronte della carità e dell’aiuto alle persone maggiormente in difficoltà.
Sei mesi più tardi la Procura di Como è già pronta per chiedere il processo a carico dell’omicida, il quale però ha chiesto - prima che il caso finisca sul tavolo dei giudici - di poter essere interrogato dal pm.
Sono stati i legali di Ridha Mahmoudi, tra cui la presidente della Camera Penale di Monza, Noemi Mariani, a formalizzare al pubblico ministero Massimo Astori l’istanza perché l’ex operaio tunisino, 52 anni, più della metà dei quali trascorsi in Italia, possa essere ascoltato dagli investigatori perché fornisca la sua versione dei fatti.
Cosa vorrà dire, è ovviamente un mistero. Forse vorrà correggere il tiro rispetto all’interrogatorio di sei mesi fa, quando non solo confessò ma rivendicò con orgoglio quello che sembra - a tutti gli effetti - un omicidio premeditato.Con l’attuale contestazione, ipotizzata a suo carico dalla Procura, Ridha Mahmoudi non avrebbe alcuna possibilità di poter chiedere un rito alternativo al processo in Corte d'Assise.
Tradotto: quasi inevitabilmente, allo stato dell’arte, il suo destino appare segnato. Ergastolo
Lo stesso pubblico ministero, nel corso dell’inchiesta, ha voluto far effettuare una consulenza psichiatrica a carico dell’omicida per accertarsi della sua capacità di intendere e di volere.
L’esperto, lo psichiatra Nicola Molteni, ha concluso che non vi è alcun dubbio sul fatto che l’ex operaio al momento del delitto fosse pienamente consapevole di quello che stava facendo.
Di certo Mahmoudi si sentiva una persona perseguitata. A dimostrarlo sono le sette pagine fitte di date, fatti, ricordi e circostanze (alcune delle quali chiaramente inverosimili) che compongono il suo memoriale del gennaio 2020.
Il memoriale
In quel racconto l'omicida di don Roberto sostiene di essere vittima di una vera e propria persecuzione da parte del prefetto (addirittura indicato come presente alle udienze davanti al giudice di pace a carico dello stesso Mahmoudi) e delle forze di polizia.
Nel documento viene citato più volte anche don Roberto, senza però che vi fossero passaggi minacciosi nei suoi confronti.
Ciò che inquieta è il punto in cui l’uomo, ora in cella a Monza, riporta come data importante quella del 15 settembre 2020, giorno di un’udienza per discutere della sua espulsione e invece drammaticamente diventato il giorno dell’esecuzione, a coltellate, di don Roberto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA