Cronaca / Oggiono e Brianza
Sabato 31 Agosto 2013
Caserma di Oggiono: sindaco esasperato
«Non ci resta che il Gabibbo»
Dopo l’ennesimo, inutile sollecito, la provocazione di Ferrari
«L’unico modo per attirare l’attenzione su un caso paradossale»
«Chiameremo il Gabibbo per vedere se riuscirà, almeno lui, a sbloccare la paradossale situazione della nuova caserma».
Non lo preannuncia il cittadino qualsiasi esasperato dalla burocrazia, o incantato dal quarto potere; sarà nientemeno che il sindaco, Roberto Ferrari a votarsi a “Striscia”. «Non so più a chi rivolgermi e comincio a sentirmi preso per i fondelli».
Il messaggio è per il provveditorato alle opere pubbliche della Lombardia, cioè il braccio operativo del ministero per le Infrastrutture che a Oggiono avrebbe dovuto costruire una nuova stazione per i carabinieri, costretti a operare da decenni in condizioni sempre più difficili nella vetusta struttura di via Verdi. Appaltata la nuova caserma e giunta rapidamente a buon punto, fu abbandonata – com’è risaputo – dalla ditta di Roma alla quale l’esecuzione era stata affidata: era l’autunno del 2010; da allora i lavori non sono mai più ripresi. «L’ultimo mio sollecito al provveditorato risale ai giorni scorsi – informa Ferrari – Ora, va bene mantenere buoni rapporti nella pubblica amministrazione, ma a tutto c’è un limite; diciamocelo pure: siamo impastoiati nelle lungaggini dei funzionari che dovrebbero mandare avanti degli atti, invece tergiversano. Impossibile comprendere il motivo: ecco perché dico che è ora di chiamare il Gabibbo, sperando che il clamore dei riflettori possa ridestare l’attenzione del ministero su un’opera condivisa, finanziata e rimasta incompiuta».
Ce n’è donde. «Raccontiamola – esorta Ferrari – questa paradossale storia: il contenzioso tra il ministero e la ditta non è più l’ostacolo e, anzi, risale a febbraio 2013 la comunicazione di “riavvio del procedimento propedeutico al riappalto”. E poi? Il Comune, per quel che gli competeva, ha impiegato una settimana a spianare il terreno; da allora è tutto fermo a Milano, dove la sensazione è di ritrovarci ostaggio dell’immobilismo di qualche ufficio».
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