Cronaca
Martedì 03 Maggio 2016
Cartelle cliniche e testimonianze al vaglio dei Nas
Sentiti i genitori di Claudia Bordoni, la donna morta alla ventiquattresima settimana di gravidanza con le sue gemelline mentre si trovava ricoverata nella clinica Mangiagalli di Milano - Si indaga per omicidio colposo, giovedì l’incarico per l’autopsia
«L’hanno lasciata morire tra atroci dolori, in quella camera d’ospedale adesso vogliamo capire, vogliamo la verità». Esigono delle risposte i familiari di Claudia Bordoni, la trentasettenne di Grosio morta nella clinica Mangiagalli di Milano giovedì scorso, alla ventiquattresima settimana di gravidanza, insieme alle due gemelline che aveva in grembo.
Perché se qualcuno ha sbagliato non può essere messo tutto a tacere e soprattutto fatti simili non devono più accadere. E per avere quelle risposte non hanno esitato a rivolgersi da subito alla magistratura, presentando un esposto tramite il loro legale. Ieri i genitori sono stati sentiti dai carabinieri del Nas di Milano, che li hanno convocati per raccogliere le loro dichiarazioni e ricostruire gli ultimi giorni di vita di Claudia.
Uno strazio per loro rivivere quel calvario. I forti dolori, le corse negli ospedali (a Busto Arsizio, e, più volte, al San Raffaele, l’ospedale dove era stata seguita per la procreazione medicalmente assistita e per le complicazioni della sua gravidanza). Le visite, gli esami. E, ogni volta, le rassicurazioni e le dimissioni. Fino all’ultimo ricovero, quando in preda ai dolori, che le toglievano il fiato e le impedivano di camminare, si era fatta portare in ambulanza alla clinica Mangiagalli. Lì pensava di essere al sicuro e invece, 36 ore dopo, è morta. «Una morte sospetta, sospettissima», ha da subito sottolineato l’avvocato Antonio Sala Della Cuna, che con il collega milanese Antonio Bana tutela gli interessi dei familiari di Claudia: i genitori, Giuliano Bordoni e Adele Massara, il fratello, anche lui di nome Giuliano, e il compagno della ragazza, Roberto Dal Zuffo, che viveva con lei a Milano dove la manager lavorava nel settore assicurativo. Più volte Claudia si era lamentata per i dolori. Tanto forti alla fine da farla svenire. Era spaventata, temeva di perdere le sue bambine, tanto desiderate. Le ripetevano di stare calma, di non agitarsi. Fino a quando si è accasciata in quella stanza e il suo cuore ha smesso di battere, per una forte emorragia gastrica secondo i primi accertamenti. Troppo tardi a quel punto il tentativo di salvare almeno le gemelline con un cesareo: anche loro non ce l’hanno fatta. Una gravidanza non facile fin dall’inizio quella di Claudia, ma che certo nessuno dei familiari pensava potessi concludersi in modo così tragico. Neanche dopo le complicazioni delle ultime settimane. A Busto Arsizio era rimasta ricoverata dal 3 al 7 aprile. Dal 13 al 21 Claudia era stata ricoverata di nuovo. Questa volta al San Raffaele. E di nuovo dimessa. Nello stesso pronto soccorso si era ripresentata il 25 aprile per essere nuovamente visitata e poi mandata a casa. «Le dimissioni – ha precisato in una nota il direttore del San Raffaele – sono avvenute dopo aver accertato l’assenza di patologie generali e di natura ostetrica materno-fetale». E in una nota esprime il «cordoglio per la tragica vicenda».
Se davvero fosse tutto a posto e le cose sono precipitate solo dopo dovrà però essere l’inchiesta della Procura di Milano a stabilirlo. Il fascicolo è aperto con l’ipotesi di reato di omicidio colposo. L’inchiesta è coordinata dal pm Maura Ripamontie dal procuratore aggiunto Nunzia Gatto: l’incarico per l’autopsia verrà conferito giovedì mattina.
Nel frattempo gli inquirenti hanno acquisito le cartelle mediche dei tre ospedali ai quali si era rivolta Claudia e come atto dovuto a garanzia hanno proceduto alle iscrizioni dei medici che si sono occupati del caso nel registro degli indagati, così da permettere a loro di nominare propri consulenti per seguire gli esami autoptici. Dal canto suo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha inviato i suoi ispettori per far luce su quanto accaduto. «La task force dei professionisti nominati da Agenas, carabinieri del Nas e dal rappresentante delle Regioni - si legge in una nota divulgata dal ministero - dovrà accertare se a determinare il decesso di Claudia Bordoni abbiano contribuito difetti organizzativi della struttura sanitaria e se siano state rispettate tutte le procedure previste a garanzia della qualità e sicurezza delle cure».
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