Aziende pronte a partire
Si torna in Iran
L’accordo sul nucleare che toglie le sanzioni apre interessanti prospettive d’affari per le ditte lecchesi
Il distretto delle valvole petrolifere di Colico guarda al mercato delle raffinerie e degli oleodotti
I dati mostrano che le aziende lecchesi, in linea con la tendenza nazionale che mostra come politica ed economia spesso seguano strade diverse, non hanno mai smesso di avere relazioni commerciali con l’Iran.
Ora, col nuovo accordo sul nucleare che eliminerà la barriera dell’embargo sui prodotti dual-use che quindi non si prestino anche a fabbricazioni nucleari, si riaccende l’interesse sulle esportazioni.
Non ultima, in proposito abbiamo raccolto anche la testimonianza di un grande imprenditore locale, Luciano Sanguineti, patron della Atv e pioniere del distretto delle valvole di Colico che, dopo anni di sospensione, causa rischio di sanzioni su prodotti dual-use, delle forniture delle valvole per il petrolio all’Iran ora si dice «prontissimo a tornare in un Paese in cui abbiamo sempre lavorato benissimo e con rapporti commerciali sempre estremamente corretti».
I numeri dell’interscambio, elaborati dall’ufficio studi della Camera di commercio di Milano su base Istat, per Lecco continuano ad essere contenuti con circa 6 milioni di euro di export nel 2014 (erano 17 milioni nel 2013, abbattuti quindi a quasi un terzo per il rischio sanzioni) e 241mila euro in importazioni.
Ma proprio il dato sulle importazioni, che erano a soli settemila euro nel 2013, viene letto come spia di un nuovo interesse in crescita che, fuori dalle statistiche, lo scorso 23 marzo a Milano, ha visto anche imprese lecchesi presenti fra le 30 che hanno partecipato a una riunione dell’azienda speciale Promos per sondare le possibilità di nuovi business in Iran.
Dai dati è evidente come, nel 2013, i circa settemila euro di importazioni siano stati assorbiti da un’unica voce, quella dei metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti. Due anni fa Lecco dall’Iran non ha comprato nient’altro. Sull’export, invece, fino al 2013 i circa 17milioni di euro di vendite sono state realizzate quasi esclusivamente sulla categoria citata (per 13,7 milioni di euro) e, per il resto, su macchine a controllo numerico (1,4 milioni), su computer, elettronica e ottica (659mila euro), su prodotti chimici (584mila euro), su tessile, pelli e accessori (384mila euro) e per il resto in quote minori su legno, gomma e plastiche, e altro, compresi gli apparecchi elettrici che, per l’export, due anni fa toccavano i 140mila euro.
Proprio da quest’ultima categoria, nel 2014, passa il filo rosso di un rapporto commerciale segnato dall’embargo, sulle vendite di prodotti considerati dual-use, ma che Lecco ha mantenuto nell’import comprando dall’Iran quasi esclusivamente apparecchi elettrici, per 205mila euro sul totale di 241mila.
Chi finora ha potuto vendere fuori dal dual use, anche se con ritardo ha comunque ottenuto in tempi ragionevoli le autorizzazioni dal ministero dell’Economia, magari facendosi assistere su pratiche con procedure inasprite nei rapporti con un Paese diventato difficile per l’embargo.
Ora anche gli imprenditori lecchesi guardano al potenziale che torna ad aprirsi con un Paese solvibile e con un mercato da 90 milioni di abitanti.
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