Cronaca / Lecco città
Giovedì 05 Giugno 2014
Anche nel Lecchese
disoccupati da record
Secondo l’indice ufficiale i senza lavoro sono l’8,4%, ma per i sindacati è stato raggiunto il 9%
I più colpiti dalla crisi sono i giovani, tra i quali il 24% non studia e non cerca un’occupazione
La disoccupazione, in provincia di Lecco, corre senza soste: nel primo trimestre si è posizionata all’8,4% e secondo il sindacato i mesi di aprile e maggio hanno segnato un ulteriore aumento del ricorso alla mobilità, che potrebbe far schizzare questo valore oltre il 9%.
Un dato mai registrato in passato, in una provincia dove la disoccupazione era al di sotto del 3% nel periodo precrisi. In Italia, così come nel Lecchese, a preoccupare di più è la disoccupazione giovanile. Ne parla Wolfango Pirelli della Cgil di Lecco: «Il 24% dei giovani fra i 15 e i 24 anni non studia e non lavora. Per la precisione il 54% studia, il 22% lavora, il 9% è in cerca, mentre il 15% si è rassegnato e non studia e non lavora», un dato allarmante secondo il sindacalista, specie se si compara il 7% di disoccupazione giovanile registrato nel 2008 e l’attuale 24%.
Ed è solo un’amara consolazione notare che comunque questi risultati sono meno drammatici rispetto al resto dell’Italia.
L’Istat dice che nei primi tre mesi dell’anno il tasso di disoccupazione è salito fino al 13,6%, in crescita di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E sul fronte giovanile, il tasso dei senza lavoro tra i 15 e i 24 anni è al 46%. In assoluto, i disoccupati sfiorano i 3,5 milioni, in aumento di oltre 200mila unità rispetto allo stesso periodo del 2013.
«Lo spostamento in positivo di qualche decimale della produzione e del fatturato non produce alcun effetto positivo sull’occupazione. Da quel punto di vista, la situazione non si schioda di un passo – dice Pirelli – Da un lato c’è il problema del riassorbimento dei tanti dipendenti in cassa integrazione che non aiuta i giovani a entrare nel mondo del lavoro, dall’altro c’è la legge Fornero che impedisce agli anziani di andare in pensione, e quindi blocca il turnover nelle aziende».
Per migliorare servirebbero più imprese e una rapida crescita di quelle già esistenti, ma al momento, con le banche in affanno e la ripresa ancora incerta, nessun imprenditore si azzarda a fare il passo più lungo della gamba, ipotizzando investimenti rischiosi.
Secondo il sindacalista della Cisl, Francesco Di Gaetano, l’unico segnale di miglioramento è dato da un’inversione di tendenza dei flussi occupazionali: «Rispetto all’ultimo quadrimestre 2013, nel primo quadrimestre 2014 i primi quattro mesi di quest’anno le assunzioni sono più delle cessazioni. Ma è un dato che in realtà potrebbe indicare solo una maggior precarietà del lavoro», cioè indicare un maggior ricambio di personale e non un aumento netto della forza lavoro complessiva.
E comunque c’è ancora un forte ricorso alla cassa integrazione e il fardello della mobilità che pesa sempre di più, con i licenziamenti in costante aumento. «I giovani, che pagano una perdita complessiva di 7 mila posti di lavoro nella provincia, sempre più spesso sono costretti a emigrare in altre province, regioni o nazioni in cerca di opportunità occupazionali e questo ci preoccupa perché rischiamo di impoverire le nostre aziende».
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