Cronaca / Sondrio e cintura
Venerdì 06 Settembre 2013
Allarme Tbc, uccise 170 mucche
e stop a tutte le mostre
Dopo l’abbattimento di 110 capi in Valchiavenna altri 60 sono stati eliminati in questi giorni - Vanini: «Una misura di tutela per gli operatori»
Cresce l’allarme Tbc che sta colpendo gli allevamenti della valle: dopo l’abbattimento di 110 capi,nei giorni scorsi sono state eliminate altre 60 mucche. Così, l’Apa di Sondrio, l’associazione provinciale degli allevatori, ha infatti annullato tutte le mostre zootecniche in programma fino alla fine dell’anno. Una decisione «sofferta ma necessaria per tutelare gli allevatori» e i capi di bestiame quella ufficializzata ieri dall’associazione provinciale allevatori.
Per tradizione è proprio il periodo autunnale quello legato al maggior numero di iniziative, dall’Alta Valle a Morbegno. La decisione è scaturita a seguito del secondo caso di tbc bovina che ha seguito di pochi giorni quello accaduto in Valchiavenna ad inizio agosto. Le mostre sono occasione di contatto e quindi di potenziale contagio tra i bovini; da qui la scelta di annullare tutti gli appuntamenti. E l’elenco è davvero lungo: dalla mostra zootecnica di Livigno del prossimo 21 settembre, a quella bovina di Bormio in programma il 6 ottobre, alla mostra provinciale del giovane bestiame di razza bruna prevista sabato 19 ottobre nel contesto della mostra del bitto unitamente alla giornata successiva dedicata alla vacca da latte. Non si terranno nemmeno la mostra ovi – caprina di Livigno (19 ottobre), quella di Ardenno (24 novembre) e quella di Sondalo (1 dicembre). «L’immagine e l’attività di un intero comparto agricolo – hanno sottolineato all’unisono il presidente dell’Apa Plinio Vanini ed il direttore Gianmario Tramanzoli - sono sotto stretta sorveglianza e anche l’Apa deve fare il proprio compito cercando di tutelare i soci con scelte rapide e incisive. Certo, la questione è controversa e si allarga il fronte di coloro che sostengono che sarebbe bene che tutto il bestiame tornasse ad essere autoctono con l’applicazione del virtuoso sistema della rimonta». Un auspicio che molti soci Apa «condividono – hanno sottolineato i vertici dell’associazione - seppur rimarcando che fare allevamento in Valtellina, vista e considerata la poca disponibilità di terreni e di strutture, costa di più che in altre zone alpine e di conseguenza occorrerebbero maggiori sostegni e aiuti alle imprese agricole spesso in forte concorrenza con le province autonome e la vicina Svizzera dove la politica e le istituzioni si sono da tempo rese conto della necessità di aiutare un comparto con enormi potenzialità di sviluppo». «Questa decisione – ha commentato Stefano Bonetta, giovane allevatore di Valfurva - era nell’aria da alcuni giorni. C’è stato un giro di telefonate e tutti hanno compreso che, così facendo, anche il bestiame viene tutelato. Nessuno vuole rischiare quando c’è il pericolo di un potenziale contagio. E’ pur vero che il contagio può avvenire anche dagli animali selvatici ma, dato quanto accaduto, è meglio tenere i capi isolati ed evitare occasioni di contatto». Secondo l’Apa, però, non basta intervenire, come nel caso degli episodi di tbc bovina, con saltuarie dichiarazioni di solidarietà ma «al contrario la strada da intraprendere senza indugi – hanno concluso Vanini e Tramanzoli - è il riconoscimento di un ruolo più ampio per gli allevatori in modo che la figura del “contadino di montagna” allarghi il proprio raggio di azione diventando un importante agente a tutela e salvaguardia dell’agricoltura e del territorio. Un ruolo che gli va riconosciuto e che va legittimato e che può diventare un elemento essenziale anche del tanto auspicato rilancio turistico dei territori alpini».
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