Animali
Domenica 05 Luglio 2009
Il caldo e gli animali:
ecco come sono difesi
Per ridurre al minimo gli effetti del calore sugli animali e in particolare sulle vacche - i cui danni hanno un pesante riflesso sul settore zootecnico - è stato varato un progetto che identifica le zone climatiche più pericolose d'estate
Se ne è parlato ad un Convegno che si è tenuto a Viterbo per la presentazione del progetto voluto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
L'intensificarsi della frequenza con cui le ondate di calore colpiscono le nostre latitudini ed in particolare l'Italia ha portato ad un sempre maggiore interesse verso lo studio degli effetti che queste provocano sulla salute dell'uomo e degli animali.
Uno studio recente ha mostrato, ad esempio, che negli Stati Uniti le perdite economiche nel settore zootecnico, dovute alle ondate di calore possono essere comprese fra 1.69 e 2.36 miliardi dollari. Alcune stime parlano di un costo economico totale per l'Europa per le ondate di calore del 2003 di circa 12 miliardi di Euro.
Nel nostro Paese, in cui il numero di allevamenti di bestiame, sia piccoli che grandi, è altissimo ed in cui l' industria ad esso associata rappresenta una grossa fetta della economia nazionale, le perdite dovute a condizioni di disagio degli animali possono essere notevoli e, se questo è vero per tutti gli animali da allevamento, lo è ancor più per le vacche.
Per individuare le zone climaticamente a rischio, l'Ibimet ha considerato la combinazione di due grandezze meteorologiche che sono la temperatura e la umidità dell'aria e ha ricostruito l'andamento del cosiddetto indice termoigrometrico, o di disagio, per 100 stazioni meteorologiche distribuite sul territorio nazionale per i mesi estivi, negli ultimi 30 anni. Nel caso in cui questo indice superi determinati valori di soglia, si può avere rischio Nullo, Minimo, Medio o Massimo. Il territorio italiano risulta quindi suddiviso in aree "bioclimaticamente omogenee' e ciascuna zona è stata assegnata ad una determinata "classe" di appartenenza. Per ciascuna classe, quindi, è stato calcolato il numero di giorni in cui l'indice di disagio nelle estati a partire dal 1971 fino al 2006 incluso ha superato i diversi valori di soglia. La pianura Padana, in cui si ha una altissima densità di allevamenti di bestiame e di caseifici, è, ad esempio, in una classe per cui il numero di giorni a rischio medio e/o massimo è sufficientemente elevato.
Dallo studio svolto all'Ibimet emerge, inoltre, una indicazione molto importante ovvero che il numero di giorni ad alto rischio che comportano quindi maggior disagio per il bestiame è significativamente aumentato nel corso degli ultimi anni, a partire dal 2001, rispetto al periodo precedente (1971-2000), segno, presumibilmente, di un clima che sta cambiando.
© RIPRODUZIONE RISERVATA