Cronaca / Circondario
Domenica 24 Marzo 2019
Don Gnocchi, l’abbraccio alla reliquia
Custodita nella chiesa di Civate
La comunità ha accolto la teca con la falange del beato regalata alla “Casa del cieco” - Il corteo per le vie del paese e poi la funzione religiosa che è stata officiata da monsignor Rolla
La reliquia del beato don Carlo Gnocchi è giunta ieri nell’antica chiesa di San Calocero, preceduta dalla fanfara dei bersaglieri: da via Monsignor Gilardi è partito il corteo delle autorità e degli alpini, che hanno portato la teca con la falange lungo un percorso a tappe, alcune per avvicinare lo scrigno alle labbra degli anziani e dei disabili in attesa.
Alla “Fondazione casa del cieco”, intitolata a monsignor Edoardo Gilardi – amico fraterno di don Gnocchi - ed alla Fondazione di don Gnocchi stesso si deve il prezioso dono, a seguito della richiesta della presidente della “Casa del cieco” di Civate, Maria Agostoni, la quale ha inoltre individuato nella cappella della Passione la «collocazione ideale, priva di barriere architettoniche, accanto alla nicchia dove già sono conservati gli strumenti di penitenza di monsignor Gilardi»; nella chiesa di San Calocero la messa viene celebrata ogni domenica alle 9.
Ieri, la funzione è stata invece alle 18, officiata dal vicario episcopale monsignor Maurizio Rolla, da don Vincenzo Barbante - presidente proprio della “Fondazione don Gnocchi” - dal parroco di Civate, don Gianni De Micheli e dal cappellano don Erminio Scorta. Don Gianni ha ringraziato «tutti coloro che hanno pensato questo spazio per l’incontro tra la santità di don Gnocchi e la quotidianità della vita: una santità che tocca ciascuno di noi».
La “Fondazione Casa del cieco” fu voluta da monsignor Gilardi (nato a San Giovanni di Lecco e – come don Gnocchi - cappellano militare) che, nel 1931, diede vita a Civate alla “Casa del cieco” concepita con criteri allora all’avanguardia. Ieri, ad una non vedente è stata affidata una lettura dell’Antico testamento, in alfabeto Braille. Notoriamente, il beato don Carlo Gnocchi, dopo la tragica esperienza della guerra, si spese per alleviare sofferenza e miseria: a ciò, oltre che alla liturgia del giorno, ha fatto riferimento monsignor Rolla nell’omelia.
«La consegna della reliquia in questa Casa - ha affermato - è come una restituzione, un passaggio di santità dentro la realtà della vita sofferente. Incandescente, come il roveto ardente, è il tema della sofferenza, al quale non ci si può avvicinare con la curiosità di Mosè, bensì ci si deve mettere sull’attenti, come gli alpini e la fanfara, poco fa, coi piedi ben piantati a terra. Di fronte al grido di dolore – ha ribadito Rolla – non ci si può avvicinare curiosando nella vita che ci mette di fronte all’esperienza vista da don Gnocchi e monsignor Gilardi nella guerra, nella ritirata, nei mutilatini ai quali dare una speranza».
«Di fronte al dolore che, come il roveto, brucia senza consumare; davanti a ciò che produce la guerra o a colui che dà fuoco all’autobus, il credente non accusa, non fa domande, bensì comincia da sé; si converte; non chiede agli altri di cambiare, ma inizia col fare. Don Gnocchi e monsignor Gilardi certo non avevano colpe, però si misero dentro l’esperienza del dolore, facendo loro per primi il bene. Per questo c’è sempre bisogno di tanti credenti: per trasformare in bene il male e continuare a sperare davanti ad ogni disperazione».
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