Cronaca / Merate e Casatese
Sabato 24 Febbraio 2018
Sirtori, Sci e velocità Il mito Ghedina
ancora affascina
Centinaia di persone l’altrasera si sono accalcate da Sport Specialist
per ascoltare il campione
Si può essere uno dei più grandi campioni dello sci italiano, ma se si è Kristian Ghedina si resta sempre «uno di noi». E’ così che è stato etichettato da più di uno dei presenti alla serata “No risk, no fun” da Sport Specialist di Sirtori, per l’iniziativa “A tu per tu con i grandi dello sport”, soprattutto quelli legati alla montagna. E di persone presenti ce ne sono state tante, centinaia e centinaia, come non se ne vedono spesso. Mezzo negozio occupato dalle sedie, poche quelle libere, a vedere alcuni dei filmati delle imprese del più medagliato discesista italiano, e ad ascoltare le sue parole, il racconto della sua vita, delle sue imprese. Potrà anche aver vinto tanto, ma non ha nulla della star, è sembrata una chiacchierata con un amico al bar. É stata questa l’impressione suscitata, tra un aneddoto ed una vittoria, sulla falsariga delle domane di Chiara Todesco, giornalista sportiva. Si è passati dalla descrizione tecnica di una pista al racconto della prima moto costruita in proprio: «Passavo da un robivecchi ad un fabbro per raccattare le componenti per costruirmi una moto quando ero un ragazzo. Mio padre mi aveva proibito di averne una, ma salivo su quelle degli amici, aveva paura che mi facessi male. Ma me la sono costruita in proprio, è un modello unico. Anche per la macchina ho penato, quando ero giovane io c’erano le Uno Turbo, le Golf Gti, ma proprio non se ne poteva parlare. Sono riuscito a strappare solo l’acquisto di una Passat Variant, papà l’ha approvata perché era tedesca, grossa, sicura. E’ quella con cui ho fatto l’incidente, il 7 aprile del 1991. Andavo un po’ forte, 180, 200 all’ora», ha candidamente confessato al pubblico presente. Ed è qui che nasce un aneddoto: «I medici mi hanno fatto firmare una carta, quando si prende un colpo così forte si perdono le capacità di controllo dei mezzi meccanici, il senso dell’equilibrio, l’orientamento. Non avrei dovuto toccarne uno per sei mesi, ma dopo un paio di mesi ho provato a salire in bici. Ho fatto un metro e sono finito a terra, poi ho continuato a riprovare, fino a che ci sono riuscito. Ma ci ho messo 4 anni per ritornare sul podio in Coppa del Mondo». Assieme a questi aneddoti, ha descritto varie piste, fra cui la Streif di Kitzbuhel, forse la più difficile, dove ha vinto e di cui detiene il record. n L.Per.
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