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Venerdì 09 Marzo 2012
Galbiate: così la fabbrica
rimane senza accesso
Rischiamo di chiudere: per esasperazione»: lancia l'appello, il titolare della «Sbm» di Galbiate Bruno Spreafico. La crisi economica, per una volta, non c'entra: l'officina meccanica di via Per Colle è tentata d'alzare bandiera bianca dopo una nuova puntata della battaglia legale con le vicine che intendono impedire a dipendenti, fornitori e merci di percorrere il sentiero che è l'unico collegamento tra lo stabilimento e la provinciale.
La crisi economica, per una volta, non c'entra: l'officina meccanica di via Per Colle - che vanta tra i propri clienti nomi come Lavazza e Illy, ai quali fornisce macchinari - è tentata d'alzare bandiera bianca dopo una nuova puntata della battaglia legale con le vicine che intendono impedire a dipendenti, fornitori e merci di percorrere il sentiero attualmente unico collegamento tra lo stabilimento e la provinciale.
L'avvocato che le rappresenta, Aurelio Molteni, ha diffidato l'azienda «dal persistere nell'uso illecito della strada consorziale Della costa» contestando «gravissime limitazioni» patite dalle altre proprietarie «nell'usufruire a propria volta del percorso» e violazioni come «l'allargamento del sentiero mediante ricarichi di terreno, danni agli alberi, staccionata divelta dai mezzi» che vanno avanti e indietro dal capannone.
Azienda e confinanti sono in causa dal 2006: mentre è tuttora pendente, la diffida dell'altro giorno aggiunge un ostacolo sul cammino. «Dopo vari appelli al buon senso - insorgono i dipendenti - ci troviamo di fronte alla minaccia di non poter più percorrere la sola stradina che permette il normale svolgimento della produzione».
«Le cifre parlano chiaro - ha riassunto Spreafico - Finché stavamo nella vecchia sede, 600 metri quadrati in affitto in via Bazzone, fatturavamo 2 milioni di euro; abbiamo affrontato l'investimento con un chiaro piano di sviluppo (altrimenti saremmo rimasti dov'eravamo): oggi i dipendenti sono sempre 4 ma il fatturato è precipitato a 600mila euro. Nel settore del caffè, in Italia, non c'è certo la crisi: è chiaro che non dipende da questo». Il nodo è il contenzioso: «Nel 2003 - ricorda Spreafico - abbiamo comprato il terreno, incluse le licenze edilizie collegate al piano di lottizzazione già approvato dal Comune, che però logicamente ha rilasciato i permessi con la classica formula fatti salvi i diritti di terzi; i terzi si sono rivelate le nostre vicine che, appena nel 2005 è iniziata la costruzione del capannone, hanno piazzato sbarre lungo il sentiero ostacolando subito il passaggio». Ormai, però, l'investimento era iniziato. «Ho proposto accordi bonari - afferma Spreafico - messo soldi sul tavolo; le vicine, che mai avevano impugnato il piano di lottizzazione durante l'iter, ci hanno fatto causa: per noi il terreno ha una determinata estensione e sagoma: gli atti lo dimostrano; su di esso dovevamo poter costruire una strada d'accesso idonea all'attività industriale, che sarebbe rientrata tra le urbanizzazioni; le vicine fanno valere forma e metrature del terreno confinante, ereditato dal padre».
Tra i due litiganti, la produzione soffre: «Finora - chiarisce Spreafico - il problema era che l'unico viottolo, tortuosamente ricavato, non permette il transito degli autoarticolati . La nuova diffida ci espone ora al rischio di non poter lavorare più del tutto; in ogni caso, aggiungendo un nuovo filone alla vicenda giudiziaria, ci carica di ulteriori costi in una situazione già critica».
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