Cronaca / Morbegno e bassa valle
Venerdì 20 Settembre 2013
Scoperta archeologica
in Val di Lemme
I fratelli Angelini avrebbero trovato l’incisione di un volto su una roccia attorniata dalle coppelle
Secondo la loro ricostruzione si tratterebbe di un Ercole, divinità legata alle popolazioni autoctone
Straordinaria scoperta archeologica in Val Tartano? I fratelli Luciano e Adriano Angelini ne sono più che convinti. Questa estate, perlustrando la Val di Lemme, intorno ai 1.500 metri di quota, su un masso con coppelle, incavi emisferici del diametro di pochi centimetri ricavati in modo artificiale dall’uomo su basi rocciose normalmente piane o poco ripide che si fanno risalire al neolitico, è stato individuato un volto umano che i due Angelini hanno ribattezzato Amnis, per rendere omaggio al fiume e all’acqua, la linfa vitale della terra.
«La figura umana ha una folta chioma che scende sul collo e le spalle e ha un viso con due occhi espressivi e la barba che nasconde mento e bocca», racconta Adriano che subito ne ha fatto uno schizzo, ricostruendo quello che secondo lui era l’immagine di questo uomo preistorico, che risalirebbe a 3mila-4mila anni fa. I due morbegnesi, ma originari della Val Tartano, ex docenti che ora si dedicano allo studio e alla ricerca in svariati campi, ritengono che quell’immagine raffiguri il «il padre delle genti orobiche» riprendendo lo spirito del culto antico degli Ercoli, da cui ogni popolo vantava la sua discendenza, un semidio dotato di grande forza. Angelini si spinge fino a supporre che in zona potesse esserci un altare sacro in cui questi antichi uomini, della civiltà delle coppelle, svolgevano i loro riti di ringraziamento e di devozione.
Non lontano da questo sito i due ricercatori hanno individuato anche una freccia scolpita che indica il luogo della montagna in cui si trova l’altare. «Andando verso la bergamasca, verso valle si incontrano altri sassi della stessa qualità con varie coppelle - ancora gli Angelini - a voler essere più precisi si potrebbe pensare che il prezioso reperto non possa essere più recente dell’uomo del ghiacciaio munito di arco e freccia, che compare intorno al 3100 a. C.». Al momento la scoperta non è avvalorata da nessuna base scientifica, i due archeologi per passione, preferiscono definirla un’intuizione: «che la gente dotata di una certa sensibilità verso queste tematiche può cogliere». Eppure Adriano, da ex docente di filosofia ed ecologista convinto che la natura debba essere rispettata ad ogni costo, perché è ad essa che l’uomo deve la sua esistenza, va oltre, affermando che il ritrovamento non arriva per caso.
«Avviene in un momento in cui più di prima la montagna va tutelata contro la minaccia di captazioni d’acqua e strade che portano motori e imprese per uno sfruttamento ad uso indiscriminato del territorio, la scoperta non è casuale, ma avviene per ribadire che la principale vocazione e risorsa della Val Tartano è il suo patrimonio paesaggistico con i suoi tre laghi alpini d’eccezionale bellezza, i pascoli erbosi che garantiscono la qualità del bestiame e dei prodotti». Sulla scia dell’entusiasmo per la scoperta, anche altri amici e curiosi sono saliti in Val di Lemme a vedere Amnis e nessuno è riuscito a dare un’interpretazione alternativa all’ipotesi degli Angelini ,che adesso intendono costituire un piccolo gruppo di archeologia della Val Tartano per approfondire la conoscenza della civiltà delle coppelle e valorizzare l’integrità dei luoghi.
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